Materie primeGlencore nel mirino per incidente in Ciad
hm, ats
28.1.2021 - 14:03
Glencore nel mirino di un'autorità di vigilanza inglese: la UK National Contact Point (NCP) ha giudicato ricevibile una denuncia presentata da tre organizzazioni non governative (Ong).
Esse accusano il gigante svizzero delle materie prime di essere responsabile dello scarico di liquami tossici in Ciad.
Nel settembre 2018 nel campo petrolifero di Badila, gestito da una filiale britannica di Glencore, si era rotta una diga che tratteneva liquidi necessari nell'ambito della lavorazione del greggio. «Ottantacinque milioni di litri di liquami (l'equivalente di 34 piscine olimpioniche) hanno inondato i campi agricoli, prima di sfociare nel fiume locale», ha scritto Raid, una delle tre Ong che stanno trascinando Glencore davanti alla giustizia.
Quanto successo ha causato ustioni, lesioni cutanee, vomito e diarrea ad almeno 50 persone che vivono vicino al sito petrolifero, sostiene Raid. Secondo la popolazione locale il bacino perdeva da diverse settimane, ma Glencore non ha preso misure per far fronte al problema. Un secondo incidente sarebbe avvenuto nel 2020.
Il reclamo è stato ritenuto ammissibile dalla NCP, un organismo britannico chiamato a dirimere sulle denunce presentate contro le aziende. Tali esposti sono di solito trattati attraverso procedure di mediazione tra le imprese e i denuncianti: se le parti non riescono a raggiungere un accordo l'organismo ha l'ultima parola.
In un comunicato diffuso ieri la NCP – entità sottoposta al Dipartimento del commercio internazionale e chiamata a vigilare sul rispetto delle direttive dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) per le imprese con sede nel Regno Unito – afferma che le prove fornite dalle tre Ong «meritano ulteriore considerazione». Il dossier sarà quindi esaminato.
«Questo è un passo molto importante verso la risoluzione di questa controversia, perché abbiamo cercato invano di parlare con Glencore per più di un anno per convincere l'azienda ad agire», ha indicato all'agenzia francese Afp Anneke Van Woudenberg, direttrice di Raid. La mediazione potrebbe durare mesi, ha aggiunto.
«Glencore non ha mai avuto un orecchio attento alle vittime e ora speriamo che il gruppo ci ascolti», ha detto all'Afp l'avvocata Delphine K. Djiraïbé, membro del Public Interest Law Center (PILC) di N'Djamena, che è parte civile nella causa.
Da parte sua la società elvetica, che sfrutta il petrolio in Ciad dal 2013, sostiene in un comunicato di aver riferito in modo trasparente sull'incidente e di aver pubblicato informazioni sull'episodio e sulle azioni intraprese nella relazione sulla sostenibilità e sui diritti umani del 2019.
Quotata alle borse di Londra e Johannesburg, Glencore è una multinazionale con sede a Baar (ZG) presente in oltre 35 paesi con 160'000 dipendenti, che si occupa di 60 materie prime, per alcune delle quali ha quote di mercato assai significative. L'azienda è spesso presa di mira da organizzazioni non governative per le condizioni di lavoro nelle miniere: l'impresa ha però sempre respinto le accuse, sostenendo che il rispetto dei diritti dei collaboratori e delle comunità locali è prioritario per la società.
Il gruppo ha le sue origini nel Marc Rich Group fondato nel 1974 da Marc Rich, finanziere e imprenditore leggendario e controverso, morto nel 2013 a Lucerna. Per anni sulla lista dei ricercati più importanti dell'FBI americana, Rich era di origine ebraica e aveva quattro cittadinanze: belga, israeliana, spagnola e americana. Accusato negli anni 80 dalla giustizia americana di evasione fiscale e commercio illegale di petrolio con l'Iran durante la crisi degli ostaggi, era stato graziato nel 2001 da Bill Clinton nel suo ultimo giorno di presidenza.