Banca centrale europea Governatori Bce a Parigi per l'addio al Qe

SDA

20.2.2022 - 20:00

Il momento è cruciale per la Banca centrale europea.
Il momento è cruciale per la Banca centrale europea.
Keystone

Si avvicinano decisioni pesanti per la Banca centrale europea (Bce), che prima ancora del Consiglio direttivo di marzo vedrà i governatori riuniti a Parigi la prossima settimana.

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Nel mezzo della crisi energetica, con l'inflazione che corre e i mercati in subbuglio per la possibilità che Francoforte alzi presto i tassi per la prima volta in un decennio.

L'occasione per l'«incontro informale» del 24 febbraio è la riunione dei ministri delle Finanze dell'Ue nella capitale francese il giorno dopo. «È il primo incontro in presenza da lungo tempo, una chance per discutere un ampio ventaglio di temi», ha spiegato la presidente Christine Lagarde su twitter.

Ma è fin troppo facile andare indietro con la memoria ai colloqui che Christine Lagarde volle con i governatori a dicembre 2019, appena iniziato il suo mandato, in vista della revisione strategica con cui mesi dopo modificò alcuni parametri fondamentali della sua condotta di politica monetaria. Allora l'incontro, lontano da orecchie indiscrete e procedure formali nel lussuoso Schlosshotel Kronberg fuori Francoforte, servì ad appianare le differenze fra i membri del Governing Council. E inaugurare nelle intenzioni di Lagarde (pare abbia un debole per le riunioni informali) una stagione di maggior concordia, dopo i contrasti fra falchi e colombe che avevano caratterizzato gli anni a guida di Draghi.

Stavolta – situazione in Ucraina permettendo – in gioco c'è lo smantellamento del quantitative easing con cui la Bce, da Mario Draghi in poi, ha portato il suo bilancio (fatto di attivi come debito pubblico e maxi-prestiti alle banche) all'82% dell'area euro. La Fed si è fermata al 37%. Un aiuto decisivo alla tenuta del credito e ai bilanci nazionali, arrivato nel pieno dello shock pandemico, nel 2020 e 2021 a finanziare l'intero disavanzo di paesi come l'Italia.

Se fino a poche settimane fa Lagarde aveva escluso un rialzo dei tassi nel 2022, due settimane fa, con l'inflazione balzata oltre il 5% ha detto che ora l'ipotesi è sul tavolo. Una mossa che deve essere preceduta dalla fine degli Qe, o meglio degli acquisti al netto dei reinvestimenti dei titoli già comprati (questi proseguiranno fino al 2024). Lo shock inflazionistico da prodotti energetici non è più considerato temporaneo. E saranno decisive le nuove stime che, il 10 marzo, Lagarde presenterà per l'inflazione nel 2023 e 2024: attualmente all'1,8%, se salissero al 2% significherebbe che è ora di una politica monetaria neutrale, portando i tassi a zero (da -0,50%) e chiudendo anticipatamente il Qe.

Dopo le dichiarazioni a favore nei giorni scorsi dei governatori 'falchi' Klaas Knot (Olanda) e Joachim Nagel (Germania), hanno aperto (con cautela) a un cambio di direzione i governatori francese e spagnolo. E anche una 'colomba' come Philip Lane, capo economista della Bce, tre giorni fa ha invocato una «normalizzazione» se l'inflazione si assesta (come appare probabile a molti analisti) sul 2%.

La posizione della Bundesbank ha coagulato un gruppo consistente, e un consenso più ampio sarebbe quasi raggiunto sulla decisione di annunciare a marzo la fine del Qe a settembre, prima di alzare i tassi a dicembre. Con un caveat che è un macigno: fino a che punto la Bce potrà spingersi nel contenere dire il rialzo degli spread (differenziale di rendimento sui titoli di stato) dei paesi più vulnerabili, Italia e Grecia in testa. Finora si pensa di farlo con un uso mirato dei reinvestimenti del Qe. Ma il rischio – e se ne parlerà a Parigi – è che i mercati colgano la sfida e vadano a 'vedere' le carte di Lagarde.