Studio Credit SuisseMercato immobiliare, Covid accelera i trend
ATS
8.10.2020 - 16:03
Il coronavirus non sta stravolgendo il mercato immobiliare: al contrario, consolida e accelera le tendenze esistenti, che vanno da una crescita dello sfitto nel ramo degli appartamenti in locazione alla penuria di proprietà abitative, passando dal telelavoro.
Sono queste, in estrema sintesi, le indicazioni del monitor immobiliare di Credit Suisse, un rapporto periodico che è stato oggi pubblicato in relazione al terzo trimestre.
Il Covid-19 frena la domanda e genera più superfici sfitte: nel 2021 l'immigrazione dovrebbe continuare a diminuire malgrado la ripresa. Verrà quindi a mancare – come quest'anno – la capacità di assorbire completamente gli appartamenti appena giunti sul mercato.
Responsabile dell'aumento dello sfitto, che perdura ormai da ben 11 anni e che è particolarmente elevato in Ticino, è anche l'intensa attività di costruzione di alloggi destinati alla locazione che, nonostante la crisi del coronavirus e la scarsa domanda, prosegue a livelli elevati. Con il confinamento le licenze edilizie erano crollate, ma si sono nel frattempo subito riprese. Ancora una volta, a sostenere questa dinamica è il contesto di tassi d'interesse estremamente bassi e la conseguente elevata attrattiva dei rendimenti immobiliari.
Al contrario, in ramo degli appartamenti di proprietà e in quello delle case unifamiliari saranno interessati anche nei prossimi 1-2 da una riduzione dell'attività di costruzione. Fintantoché perdurerà il contesto di tassi negativi e la domanda di case plurifamiliari rimarrà elevata, in molti casi si continueranno a realizzare più appartamenti in affitto che alloggi di proprietà a causa della maggiore facilità di vendita da parte dei costruttori. La scarsità dell'offerta fa aumentare ulteriormente i prezzi delle proprietà abitative, proteggendo chi già possiede un'abitazione da perdite di valore, ma esponendo anche i nuovi acquirenti a difficoltà di finanziamento ancora maggiori.
Sebbene il Covid-19 non abbia praticamente effetti negativi immediati sui redditi locativi di immobili a uso ufficio, gli investitori sono preoccupati per le conseguenze a lungo termine del crescente ricorso al telelavoro. La pandemia ha sdoganato questa modalità di impiego, accelerando l'abbandono della cultura del presenzialismo in ufficio. Molte imprese hanno annunciato che in futuro daranno ai dipendenti maggiore libertà di scelta del luogo di lavoro.
Secondo gli esperti di Credit Suisse è difficile prevedere quali saranno le ripercussioni sulla domanda di uffici a lungo termine. Dopo un iniziale livello sorprendentemente elevato di efficienza dei dipendenti in regime di home working, a medio-lungo termine la produttività è destinata a ridursi. Un ricorso eccessivo al lavoro a domicilio dovrebbe penalizzare a lungo andare anche la capacità innovativa. A medio termine molte imprese rimarranno perciò fedeli all'ufficio come luogo principale di lavoro, si dicono convinti gli estensori del rapporto.
Di conseguenza, la domanda di superfici a uso ufficio sul lungo periodo dovrebbe subire un calo inferiore rispetto a quanto suggeriscono al momento i corsi di borsa dei titoli immobiliari incentrati su questa tipologia di stabili. Gli economisti di Credit Suisse prevedono una riduzione della domanda del 15% a causa del lavoro a domicilio. Tuttavia poiché altre tendenze – come la digitalizzazione, la terziarizzazione dell'industria e la crescita economica – dovrebbero continuare a influenzare positivamente la domanda, il fabbisogno dovrebbe rimanere stabile.
Credit Suisse fornisce indicazioni anche in relazione a uno scenario definito estremo: quello di un coronavirus che potrebbe accompagnare la società più a lungo del previsto, per almeno 4-5 anni. In tal caso fattori come esposizione al sole, tranquillità, presenza di infrastrutture assumerebbero un peso decisamente maggiore nella scelta del luogo di dimora.
Diventerebbero più importanti anche le caratteristiche dell'appartamento, in particolare la qualità della planimetria e degli spazi esterni. Le ubicazioni residenziali nelle aree periferiche sarebbero improvvisamente più attrattive, in quanto molti lavoratori non dovrebbero più recarsi in ufficio quotidianamente. Sarebbero più richieste le zone convenienti sul piano fiscale, mentre si attenuerebbe lievemente la pressione nei grandi centri urbani. Di conseguenza, si ridurrebbe leggermente anche il forte divario dei prezzi tra città e campagna.
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