Salvataggi bancari L'esperto: «Nella prossima crisi di UBS sarà Washington a decidere»

hm, ats

19.3.2024 - 17:01

UBS è diventata troppo grande per essere eventualmente salvata da un altro istituto svizzero.
UBS è diventata troppo grande per essere eventualmente salvata da un altro istituto svizzero.
Keystone

Il giorno che UBS si troverà in difficoltà non ci sarà più alcuna banca elvetica in grado di aiutarla: il governo svizzero si troverà così a negoziare con una superpotenza, per cui di fatto le decisioni saranno prese a Washington.

Keystone-SDA, hm, ats

Lo sostiene Teodoro Cocca, professore di economia all'università di Linz (Austria) e al Swiss Finance Institute (SFI) di Zurigo, secondo cui in confronto a quello che potrebbe succedere a UBS ciò che è accaduto a Credit Suisse (CS) rischia di essere solo una bazzecola.

Nel momento in cui UBS si troverà in una situazione simile a quella di CS un anno fa è improbabile che un cosiddetto cavaliere bianco sarà alle porte, afferma il 52enne in un contributo pubblicato oggi sul portale finanziario Finews.ch.

L'istituto oggi guidato da Sergio Ermotti si era infatti preparato per mesi a quel momento e sapeva esattamente quali impegni voleva dalle autorità per concludere l'affare della vita.

Chi dovrebbe decidere?

La prossima volta se le trattative saranno possibili solo con banche meno preparate le autorità svizzere potrebbero dover fornire garanzie di rischio ancora maggiori per attirare i potenziali salvatori.

«In tal caso, ci si potrebbe addirittura trovare nella situazione di dover decidere su un'assunzione di rischio statale completa entro 48 ore», afferma lo specialista di origini italiane con laurea all'Università di Zurigo.

Ciò solleva fra l'altro la questione di chi debba o possa effettivamente prendere una decisione così importante in un lasso di tempo molto breve e sulla base di quali informazioni: va infatti tenuto conto di aspetti quali i rischi legali latenti o il problema della valutazione dei derivati.

In lizza banche cinesi, statunitensi o britanniche?

La prossima volta il cavaliere bianco per una UBS in crisi non sarà di certo una banca elvetica, sostiene l'esperto. «Nessuna delle altre banche svizzere sarebbe in grado anche solo lontanamente di rilevare un'impresa delle dimensioni di UBS: questo cambia parecchio la situazione».

Secondo la classifica delle maggiori società mondiali il ruolo potrebbe essere svolto da un istituto statunitense, cinese o britannico.

«In un futuro scenario di salvataggio, le autorità svizzere dovrebbero quindi negoziare con una superpotenza geopolitica: Davide contro Golia a livello politico significa che le decisioni importanti per la Confederazione verrebbero prese all'estero.

Ci vuole già ora un piano realistico d'emergenza

Il potenziale soccorritore di una UBS in gravi difficoltà sarebbe molto probabilmente una banca statunitense, data la crescente importanza delle attività dell'istituto negli Stati Uniti. Le trattative dovrebbero quindi essere condotte con la Securities and Exchange Commission (SEC), il Federal Reserve System (FED) e il Dipartimento del tesoro degli Stati Uniti.

Secondo Cocca le autorità della Confederazione (e non solo UBS) farebbero bene ad avere un piano realistico di emergenza per un simile scenario. Inoltre, le regole di riorganizzazione per una tale eventualità dovrebbero essere discusse più dettagliatamente a livello internazionale.

Il futuro regime di vigilanza dovrebbe almeno lasciare alle autorità elvetiche il controllo sulle decisioni de facto di ciò che accade alle imprese svizzere.

Le prospettive non sono buone

«Le esperienze passate della Svizzera nei rapporti con le autorità finanziarie statunitensi (ad esempio i fondi in giacenza, la vicenda fiscale di UBS o la scomparsa della banca privata Wegelin) non lasciano presagire nulla di buono», osserva l'accademico con trascorsi anche presso l'istituto statunitense Citibank.

Ora che le autorità elvetiche hanno già fallito nell'applicare la legislazione «too big to fail» a Credit Suisse, lo stesso tema si ripresenterà alla prossima crisi.

«La questione della credibilità dell'applicazione delle norme svizzere sarà di grande importanza in caso di crisi», si dice convinto lo specialista. «Il ripristino della certezza del diritto è un punto cruciale per una delle piazze finanziarie più importanti del mondo. Mostrare che le proprie leggi sono negoziabili sarebbe un segnale devastante per qualsiasi negoziato».

Il «fattore psicologico» non è da sottovalutare

«Se lo stress e il panico dei mercati sono stati così forti per Credit Suisse, una delle banche di importanza sistemica più piccole al mondo, come sarà per la ben più grande UBS? In confronto, la crisi di CS potrebbe sembrare la festa di compleanno di un bambino», osserva Cocca.

A suo avviso la psicologia dei mercati e dei clienti in una crisi bancaria è l'elemento che per molti aspetti è stato completamente ignorato sia dalla stessa CS che dai regolatori tecnocratici.

«Centinaia di pagine di normative bancarie piene di potere intellettuale sono diventate carta straccia nel giro di poche ore perché semplicemente non erano applicabili alla situazione di emergenza reale».

Le regole future dovranno quindi prestare molta più attenzione ai fattori psicologici, altrimenti finiranno per essere inutili tigri di carta nella prossima crisi.

«La scomparsa di una grande banca svizzera non deve mai più accadere. Ma tra oggi e mai più possono succedere molte cose», chiosa l'articolista.

«La qualità della nuova regolamentazione bancaria svizzera non si misurerà solo in base al modo in cui avrebbe evitato la caduta del CS, ma deve anche guardare in avanti, a un salvataggio di una grande banca che sarebbe più costoso, più complesso, più rischioso e deciso a Washington piuttosto che a Berna la prossima volta», conclude Cocca.