Svizzera-Ue Fondatore Partners Group: «No secco all'accordo quadro»

hm, ats

3.2.2021 - 14:02

Alfred Gantner ha contribuito a creare quello che è uno dei più grandi gruppi finanziari svizzeri.
Alfred Gantner ha contribuito a creare quello che è uno dei più grandi gruppi finanziari svizzeri.
Keystone

L'accordo quadro con l'Ue va respinto perché mette in pericolo la prosperità della Svizzera: ne è convinto Alfred Gantner, imprenditore che negli ultimi anni ha costruito una delle più grandi imprese svizzere, Partners Group.

Il 52enne, che parte da posizioni di centro e che fra l'altro giudica «ridicolmente basse» le imposte che deve pagare la sua azienda, sta cercando di creare un movimento di base sul modello di quello – di campo opposto – di Operazione Libero.

«Il progetto europeo ha dei lati molto positivi», afferma il 52enne in un'intervista pubblicata oggi dalla Neue Zürcher Zeitung (NZZ). «Mio cognato, che ha 82 anni e che da bambino era in Austria durante la guerra, parla dell'Unione europea come di un grande progetto di pace. Capisco che si possa avere cuore e anima per l'Ue. Io però nutro un certo scetticismo. Già da giovane trader ero convinto che l'euro fosse un errore: serve ai paesi forti dell'Eurozona ed è un fiasco per gli stati periferici».

«Le condizioni su cui si basa la nostra prosperità sarebbero compromesse in modo duraturo con un accordo quadro», prosegue il manager. «Questo perché prevede l'adozione dinamica, anzi automatica, del diritto comunitario. Stiamo guardando troppo poco avanti. Con ogni nuovo accordo settoriale che concludiamo con l'Unione ci avviciniamo all'Ue, con il risultato che adottiamo le sue leggi e la sua burocrazia. Questo ci costerebbe di più, tra vent'anni, di quanto beneficeremmo economicamente dall'accordo quadro».

Secondo Gantner non si scappa: l'integrazione sempre più avanzata della svizzera nel mercato interno porterà inevitabilmente la giurisdizione dell'Ue a diventare dominante. «Considero tossica la combinazione fra adozione dinamica del diritto comunitario e clausole di rescissione, risoluzione e ghigliottina. L'Ue può cambiare il perimetro nei singoli trattati senza che la Svizzera possa impedirlo. Se vogliamo seguire la strada dell'accordo quadro, ci avvicineremo sempre più alla media dell'Ue in termini di regole di concorrenza».

Ma che dire allora della possibilità concessa alla Confederazione di non adottare una normativa? «Sì, teoricamente esiste questa possibilità», risponde l'imprenditore che si è messo in proprio a 28 anni. «Ma è una manovra diplomatica di marketing. Il trattato dice: adottiamo il diritto dell'UE. Non dice: adottiamo il diritto dell'UE in modo selettivo. Abbiamo la possibilità di dire di no. Ma poi si tratta solo di scoprire quanto ci costerà. Questa non è una vera possibilità di referendum».

Secondo Gantner – che con due ex colleghi di lavoro presso Goldman Sachs, Urs Wietlisbach e Marcel Erni, ha fondato Partners Group, una società di partecipazioni che nel frattempo è diventata tanto grande da essere inserita nell'SMI, il listino principale della borsa, con una valore di quasi 29 miliardi – è una leggenda che l'accesso al mercato non esisterà più senza un accordo quadro. «L'accesso al mercato significa che possiamo vendere i nostri prodotti all'UE in qualsiasi momento, proprio come possono fare ora gli inglesi. La questione è semplicemente quanto preferenziale debba essere questo accesso e cosa siamo disposti a mettere sul tavolo per averlo».

A suo avviso la Confederazione deve mantenersi aperta la possibilità di smarcarsi. «Nell'80% o 90% dei casi, il diritto comunitario ha senso e lo adottiamo. Ma quando vogliamo fare in modo diverso per una buona ragione, per proteggere la nostra competitività, diciamo di no. Al momento, per esempio, siamo molto preoccupati per la direttiva europea sulla protezione dei dati, un mostro burocratico».

Nonostante i suoi trascorsi di banchiere e la crescita del patrimonio personale (detiene il 5% di Partners Group, analogamente ai suoi due soci) Gantner non si presenta come un neoliberale. «Ho le maggiori simpatie per il partito Alleanza del centro. Sono per un liberalismo responsabile. Se mi chiudete in un ufficio con i rappresentanti del pensatoio Avenir Suisse saranno scintille da entrambe le parti. Quel tipo di pensiero globale e liberale senza compromessi non è accettabile per la popolazione. Per esempio, penso che l'aliquota di imposta sugli utili dell'11,8% a Baar, nel canton Zugo, dove ha sede Partners Group, sia ridicolmente bassa. Questo non è socialmente responsabile».

Gantner è anche favorevole alla protezione dei salari. «Le differenze di stipendio tra la Svizzera e l'Ue sono enormi. Con la libera circolazione delle persone, senza la protezione dei salari le basi esistenziali di una parte della popolazione attiva crolleranno».

«Sostengo gli accordi bilaterali nel loro complesso», prosegue. «Ma se si mette in discussione la libera circolazione delle persone anche solo un po' si viene subito messi nell'angolo di quelli che non vogliono far entrare nessuno in Svizzera. Però non è questo il punto. Se includiamo i costi delle infrastrutture, l'immigrazione negli ultimi dieci anni è stata un fardello pesante. Certamente, per le aziende è l'ideale, perché hanno meno burocrazia. Ma la crescita economica e la crescita del reddito pro capite non sono state esaltanti».

«Faremo una campagna veemente contro l'accordo quadro», promette l'imprenditore. «Ma non voglio diventare un secondo Christoph Blocher e non mi candiderò al parlamento. Non posso essere così impegnato a lungo termine come lo sono ora».

Insieme ai suoi partner Gantner, che oggi fra l'altro incontrerà il consigliere federale Ignazio Cassis, ha lanciato in gennaio l'alleanza Kompass/Europa, che nel frattempo ha raccolto 500 simpatizzanti del mondo dell'economia e della società civile. Un terzo dei membri ha offerto un sostegno finanziario. «La trasparenza è importante per me. In politica, si dovrebbe poter vedere chi paga quanto e con quali interessi: in questo ambito sono più dalla parte della sinistra. Sarebbe auspicabile che il finanziamento della nostra alleanza fosse ampiamente sostenuto. Alla fine, però, sono gli argomenti che devono essere convincenti».

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