AmbienteUn biologo: «Non c'è alcuna crisi della biodiversità in Svizzera»
hm, ats
12.7.2024 - 11:01
Non c'è alcuna crisi della biodiversità in Svizzera: lo sostiene, sulla base di uno studio, il biologo grigionese Marcel Züger, che attacca frontalmente Confederazione e organizzazioni ambientaliste.
Keystone-SDA, hm, ats
12.07.2024, 11:01
13.07.2024, 01:03
SDA
«Crisi significa che il tetto è in fiamme, ma non è così», argomenta il 51enne in un'intervista pubblicata oggi dalla Neue Zürcher Zeitung (NZZ). «Fino all'inizio del millennio abbiamo assistito a un continuo declino della biodiversità, almeno in alcuni habitat. Da allora, però, la situazione è migliorata. Certo, ci sono ancora aree problematiche, ma il bilancio complessivo è positivo».
Intanto però – osservano i giornalisti – l'Ufficio federale dell'ambiente (UFAM) classifica come estinte o in pericolo un terzo delle 56'000 specie animali e vegetali presenti in Svizzera: le autorità si sbagliano completamente?
«La percentuale di specie minacciate non dice nulla sullo stato dell'ambiente. Le specie con popolazioni ridotte o con un'area di distribuzione limitata sono considerate di per sé in pericolo. Come scienziato sono però interessato al quadro generale: e questo mostra che le perdite sono compensate da aumenti altrettanto elevati di altre specie a rischio».
«Anche l'autorità federale e le associazioni per la conservazione della natura ne sono consapevoli», puntualizza l'ex granconsigliere socialista retico. «Ma non lo dicono ad alta voce perché vogliono fare pressione sui politici. E questo non è possibile se si giunge alla conclusione che tutto va bene».
Ma è tutto in perfetto ordine? «No, ovviamente no», risponde l'esperto. «Ma quando ho iniziato a lavorare nella conservazione della natura, negli anni 80, le cose stavano andando male da decenni. All'epoca si poteva parlare di crisi della biodiversità. Da allora ci sono stati grandi progressi nella silvicoltura, nell'ingegneria idraulica e nell'agricoltura».
«Abbiamo i migliori dati sugli uccelli. La diversità delle specie nelle aree urbane, nelle foreste e negli specchi d'acqua è in costante aumento da trent'anni. Nel caso delle specie minacciate, la curva di sviluppo della popolazione ha la forma di una vasca da bagno. Se l'indice è stato fissato a 100 punti nel 1990, nel 2000 era ancora intorno ai 65 punti. Oggi siamo tornati a 103 e la popolazione di specie di uccelli in pericolo, come l'upupa, segue una curva simile. Le specie più grandi, come i corvi e le gazze, i rapaci, i gufi, le cicogne, gli aironi e le anatre, hanno registrato una forte tendenza all'aumento».
Complessivamente si può dire che le specie non a rischio aumentano gli effettivi, mentre quelle a rischio rimangono in pericolo. «Le specie che non hanno esigenze specifiche di habitat stanno andando bene. Gli specialisti, invece, stanno vivendo un momento difficile: si tratta di specie che dipendono da habitat particolarmente umidi, poveri o secchi o da altri habitat insoliti. Una di queste specie è l'allodola, che è in declino da trent'anni».
Nel suo studio realizzato per l'Unione svizzera dei contadini (USC) Züger si è occupato di numerosi animali e piante. «Ad eccezione dei rettili, le popolazioni sono rimaste invariate o sono aumentate negli ultimi trent'anni. I maggiori incrementi si sono avuti nelle libellule: nel 2002 ve ne erano 13 nella lista rossa, minacciate di estinzione, nel 2021 il numero è sceso a quattro. Le libellule sono un buon esempio di quanto sia incompleto il quadro dipinto dalla Confederazione e dalle organizzazioni ambientaliste».
Anche gli allarmi riguardo alla mortalità degli insetti sono esagerati, secondo l'intervistato. «La maggior parte si basa su studi di casi locali in aree dove la situazione è effettivamente peggiorata. Le poche ricerche che hanno esaminato la questione in tutta la Svizzera non possono dimostrare che gli insetti stiano morendo, né in termini di specie né di biomassa. Certo si può discutere su cosa significhi la sostituzione di una specie con un'altra. Ma il dato fondamentale è che gli aumenti e le diminuzioni si bilanciano a vicenda. Secondo il monitoraggio della biodiversità in Svizzera, negli ultimi vent'anni le popolazioni di farfalle sono aumentate nella metà delle specie e diminuite in un quarto».
Lo specialista ha dovuto confrontarsi anche con le critiche di chi considera il suo studio non sufficientemente ampio per valutare la situazione generale della biodiversità in Svizzera. «Ho esaminato i gruppi di specie per i quali sono disponibili i dati migliori», ribatte l'interessato. «Si tratta esclusivamente di dati ufficiali. I risultati sono chiari. Se mi criticano perché dico che il quadro è diverso in altre aree, mi danno indirettamente ragione».
Che dire del cambiamento climatico, è una minaccia per la biodiversità? «In Svizzera è improbabile che il numero di specie diminuisca. Questo però a mio avviso è solo parzialmente positivo. Molte specie di insetti hanno bisogno di calore, quindi beneficeranno del riscaldamento globale: diverse nuove specie di farfalle si sono già diffuse da noi. Da un punto di vista internazionale la Svizzera è però responsabile soprattutto delle specie amanti del freddo, in particolare di quelle presenti nella zona alpina. Dobbiamo aspettarci un declino di queste specie a causa del cambiamento climatico».
Züger, che ha un'azienda a Salouf (regione dell'Albula) attiva in lavori forestali e simili, difende anche l'agricoltura svizzera. «Rispetto alla società nel suo complesso è molto sostenibile e lo è di sicuro se confrontata a quella di altri paesi. Invece di ridurre l'agricoltura sarebbe meglio potenziare le zone di biodiversità esistenti. Dobbiamo anche sfruttare il potenziale offerto dalle aree attualmente inutilizzate. Se questi miglioramenti non saranno sufficienti potremo sempre discutere su ulteriori restrizioni all'agricoltura».
Per il biologo con studi al Politecnico federale di Zurigo (ETH) i regolamenti dettagliati a cui devono attenersi i contadini per promuovere la biodiversità vanno nella direzione sbagliata. «Trent'anni or sono si doveva esigere disposizione severe per rallentare l'intensificazione dell'agricoltura. Oggi però le regole rigide stanno diventando un ostacolo al reale miglioramento della qualità. Nelle mie conversazioni con gli agricoltori mi rendo conto che c'è interesse per le misure di biodiversità. Naturalmente il loro lavoro deve essere finanziariamente redditizio, ma vogliono anche che sia utile. Invece sono costretti ad attuare misure che sanno che non funzionano».
«I consulenti degli uffici biologici spesso sono d'accordo con loro, ma dicono che le norme vanno applicate comunque a causa dei pagamenti diretti o di altri regolamenti. Dobbiamo diventare molto più flessibili e smettere di rendere i regolamenti sempre più dettagliati. Abbiamo bisogno di consulenti per la biodiversità che siano professionisti e che abbiano l'autorità necessaria per decidere misure sensate insieme ai contadini in loco, senza tutte le scartoffie. Tutti i consulenti che stanno in ufficio più di un giorno alla settimana dovrebbero essere licenziati».
Che dire dell'iniziativa biodiversità, su cui il popolo sarà chiamato ad esprimersi in autunno? «Quando vedo cosa fanno le organizzazioni ambientaliste nelle loro aree protette mi fa paura questa iniziativa», risponde Züger. «Le aree protette di proprietà di Birdlife o Pro Natura dovrebbero essere la spina dorsale della protezione delle specie, ma non lo sono o non lo sono più. La responsabilità della Svizzera risiede nel suo paesaggio coltivato. Questo non può essere protetto con le riserve, ma deve svilupparsi con l'uomo», conclude.