Realtà di confineUn datore di lavoro offre 5.000 franchi ai suoi frontalieri per trasferirsi in Svizzera. L'iniziativa piace?
hm, ats
29.9.2023 - 15:00
Il direttore di un'impresa del canton Neuchâtel offre un incentivo di 5.000 franchi ai suoi dipendenti frontalieri che decidono di saltare il fosso per venire a stabilirsi in Svizzera: finora però con scarso successo.
Keystone-SDA, hm, ats
29.09.2023, 15:00
29.09.2023, 15:12
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L'imprenditore in questione – riferisce il quotidiano locale Archinfo nel numero oggi in edicola – è David Millet, un francese originario di Besançon (dipartimento del Doubs) che ha scelto di vivere nella Confederazione dieci anni or sono.
«Non tornerei in Francia», spiega alla testata neocastellana. «Il sistema è più chiaro in Svizzera e l'offerta culturale è molto più ricca nel cantone di Neuchâtel che nell'Haut-Doubs», dice. «Mi piace l'atmosfera, la coesione sociale... mi sento molto a mio agio qui».
Millet vedrebbe di buon occhio che i suoi concittadini seguissero il suo esempio: il direttore di Conceptools/Innotools, ditta specializzata dal 2008 nella progettazione e produzione di utensili da taglio, che in aprile si è trasferita da Le Locle a Les Brenets, vorrebbe che il maggior numero possibile di dipendenti non debba più attraversare il confine per recarsi al lavoro.
In quanto hanno accettato l'offerta?
Dei circa trenta collaboratori dell'azienda, il 50% vive in Francia. Tutti hanno ricevuto la guida «Capire la Svizzera», offerta dall'azienda. «È importante conoscere il paese in cui si lavora», sostiene Millet.
Ma per quanto il dirigente voglia fungere da ambasciatore e offra 5 banconote da mille non ha avuto molto successo: finora nessuno dei frontalieri ha ancora deciso di trasferirsi.
Cosa ne pensano gli interessati? «La questione non si pone»
Perché no? La giornalista di Archinfo è andata a intervistare i dipendenti. Per Laura, contabile e assistente alle risorse umane da tre anni, il cambio di domicilio non appare possibile. «Mio marito e io lavoriamo entrambi in Svizzera, ma viviamo vicino a Morteau», spiega.
Non hanno peraltro legami familiari nel Doubs: originari del nord della Francia, si sono trasferiti lì per studiare. Perché quindi non stabilirsi in Svizzera? «Volevamo diventare proprietari di una casa e in Svizzera il contributo finanziario richiesto è molto più alto. Quindi non avevamo scelta. Abbiamo fatto costruire l'abitazione in Francia. I nostri due figli vanno a scuola lì. Oggi la questione non si pone più».
«Ci sarebbero troppi cambiamenti»
Lo stesso vale per Kevin, 35 anni, da undici anni responsabile delle vendite dell'azienda. Originario di Vercel, a 45 chilometri da Les Brenets, anche lui non ha intenzione di trasferirsi nel canton Neuchâtel.
«Io e mia moglie siamo molto legati al nostro villaggio natale. Siamo cresciuti lì e mia moglie, medico di base, ha rilevato lo studio del padre. I nostri tre figli vanno a scuola sul posto. Abbiamo costruito la nostra casa cinque anni or sono... Ci sarebbero troppi cambiamenti».
E se fosse single? «Sarebbe diverso. Ci penserei», dice. «Il mio bisnonno era un produttore di formaggio in Svizzera. Apprezzo la qualità della vita nella Confederazione: compro lì la carne, che trovo migliore, e anche se siamo franco-comtois, è a La Chaux-du-Milieu che compro la fondue», dice.
Ma in cosa sarebbe più economico abitare in Svizzera?
Ma il costo della vita elvetico? I premi della cassa malati? «Anche i frontalieri pagano molto per l'assicurazione sanitaria, che rappresenta circa l'8% del loro stipendio», risponde il manager. «A seconda del loro salario la quota può raggiungere o addirittura superare il costo della cassa elvetica», sottolinea.
A suo avviso le maestranze ci guadagnerebbero in qualità della vita. «Vivendo sul posto, guadagnerei un'ora di spostamento al giorno. E con 2000 chilometri in meno al mese risparmierei circa tre rifornimenti dell'auto, senza contare l'usura della vettura. E i pasti consumati fuori casa».
Ma cosa viene in tasca al direttore dell'azienda nel vedere il suo personale stabilirsi sul lato elvetico? «Niente, è solo un gesto di buona volontà: il canton Neuchâtel aiuta le giovani imprese e si aspetta che favoriamo la manodopera elvetica», risponde Millet.
Conta più il cuore che il denaro
Discutendo con i suoi dipendenti, il dirigente si è reso conto che l'aspetto finanziario è meno determinante di quanto lo siano i legami familiari.
«Le persone non vogliono lasciare le loro famiglie e i loro amici: sono legate alla loro regione. Lo capiamo. Ci sono le questioni della scolarizzazione dei bambini e anche il problema del doposcuola, che in Svizzera è saturo. Tuttavia, resto convinto che questa offerta potrebbe interessare un dipendente che non ha legami con il Doubs», conclude.