Scandali bancari Scandali bancari: come evitare gli errori?

hm, ats

4.2.2022 - 17:01

A quando il prossimo scandalo?
A quando il prossimo scandalo?
Keystone

Rafforzare i controlli interni, offrire nuovi strumenti alle autorità di regolamentazione, fare affidamento sugli azionisti o sperare che la nuova generazione di dirigenti non ripeta gli errori del passato.

Keystone-SDA, hm, ats

Sono diverse le vie percorribili per arrivare a una migliore supervisione della piazza finanziaria svizzera, recentemente scossa da nuovi scandali come quelli che hanno caratterizzato Credit Suisse o i vertici di Raiffeisen.

«La visione a breve termine e l'incentivo dei bonus spingono alcuni manager ad assumersi dei rischi, sapendo bene che le sanzioni sono rare», spiega Sergio Rossi, professore all'università di Friburgo, all'agenzia Awp. «Se vincono intascano i soldi e se perdono è la banca che paga», continua Rossi. La concorrenza fra i vari istituti fa sì che non tutti rispettano le norme, per paura di perdere clienti magari facoltosi e i relativi profitti, argomenta lo specialista in macroeconomia ed economia monetaria.

Sono quindi necessarie nuove misure di regolamentazione? Recentemente Marlene Amstad, presidente del consiglio di amministrazione (Cda) della Finma, l'autorità di vigilanza dei mercati finanziari, ha auspicato ulteriori strumenti per agire contro i banchieri che non rispettano le regole.

«Ogni scandalo è di troppo, perché ciascuno di essi danneggia la reputazione della piazza finanziaria», ha indicato all'Awp un portavoce della Finma. A partire dalla crisi del 2008 la Confederazione esige – in particolare dalle grandi banche – capitale proprio e liquidità importanti. «Alcuni scandali recenti fanno ritenere che questi requisiti siano giustificati e necessari», ha aggiunto.

Attualmente, l'autorità di vigilanza nei confronti dei singoli può solo pronunciare divieti di esercitare la professione. «Dal 2010, la Finma ha emesso circa 60 proibizioni, molte delle quali a livello di direzione o di Cda», dice l'addetto stampa. In altri paesi, come il Regno Unito, l'autorità di vigilanza ha a disposizione anche strumenti meno severi, come l'obbligo di rimborsare i bonus. «In Gran Bretagna, in Australia e a Hong Kong, per esempio, c'è un regime di norme che definisce la responsabilità dei manager in modo più ampio».

La Finma non può però introdurre tali strumenti da sola, deve farlo il legislatore. «Per intervenire più incisivamente, deve avere un mandato corrispondente». Attualmente sono pendenti interventi politici che vanno in questa direzione.

Ma anche un arsenale di nuove misure darà scarsi frutti se per aggirare la legge verranno usate società di comodo. «Esiste ancora la possibilità per i clienti stranieri di aprire un conto in un'altra giurisdizione, nelle isole Cayman per esempio, che evita la trasmissione diretta di informazioni alle autorità svizzere. Il denaro è gestito dalla banca elvetica, ma l'istituto non deve dichiarare questi fondi alle autorità fiscali dei clienti interessati», spiega il professor Rossi.

Taluni pensano che il cambiamento potrebbe arrivare con la nuova generazione di dirigenti, la cui sensibilità potrebbe essere diversa. Più aperti alle questioni climatiche e, soprattutto, all'immagine della loro società: molti capiscono che è nell'interesse a lungo termine delle banche fare passi avanti in materia ambientale, di evasione fiscale e di riciclaggio di denaro.

Secondo Rossi, «con i progressi della digitalizzazione, si potrebbe immaginare che le autorità possano avere accesso alle informazioni in tempo reale; ma un tale sistema sarebbe burocraticamente pesante e andrebbe contro la responsabilità individuale, un concetto caro ai principali attori della piazza finanziaria svizzera.

«La pressione pubblica, insieme alla pressione degli azionisti, sta diventando sempre più importante», afferma Roger Said, condirettore di Actares, associazione di azionisti per un'economia sostenibile. Il caso dell'ex presidente del Cda del Credit Suisse António Horta Osório «ha dimostrato che non è più possibile nascondere semplicemente la polvere sotto il tappeto». «Dal punto di vista di Actares, gli azionisti non dovrebbero solo essere preoccupati per i rischi reputazionali, ma anche chiedere atti concreti», continua.

«Sembra che la generazione più giovane sia più sensibile ai temi del buon governo d'impresa e della sostenibilità. Le banche sembrano essersene accorte, come dimostrano le campagne d'immagine e i nuovi prodotti rivolti ai clienti più giovani. Il futuro ci dirà quanto potere avrà questa nuova clientela per cambiare le cose». Nel frattempo, secondo Said, gli azionisti sono ancora la via più diretta per fare pressione sui vertici.