Gostzia Abusi sulle suore, «Noi vittime di serie B»

SDA

3.2.2021 - 13:15

Immagine d'illustrazione
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Ti-Press

Non sono solo i bambini le vittime di violenze nella Chiesa. Ci sono anche le suore tra coloro che subiscono abusi di autorità, spirituali e sessuali. I predatori sono preti, laici ma anche consorelle che detengono il potere. E le vittime faticano a denunciare perché può succedere che chi parla venga messa alla porta o non sia creduta.

Il mensile Jesus, nel numero di febbraio (nelle edicole, nelle parrocchie e nelle librerie religiose da domani), dedica un'inchiesta della giornalista Vittoria Prisciandaro a questo fenomeno poco conosciuto.

In una stradina nella zona nord di Roma c'è una casa voluta da papa Francesco che ospita donne che sono uscite dagli istituti religiosi. Insomma, ex suore. Hanno dai 30 ai 55 anni e sono arrivate in Italia per lo più dall'Africa e dall'Asia. I motivi per cui hanno lasciato l'abito religioso sono i più diversi. Alcune sono state invitate a farlo, altre hanno capito che non era la loro strada.

«Il prete rimane al suo posto»

Alcune sono state vittime di razzismo quando erano nei loro conventi, relegate a lavori umili, altre hanno subìto veri e propri abusi. Tutte hanno bisogno di curare le loro ferite nella massima discrezione.

Quando si parla di abuso, le religiose rischiano di essere vittime di serie B: sono infatti tra le categorie che con più fatica trovano sostegno e accoglienza. In famiglia, nella comunità religiosa, nella Chiesa.

«La religiosa abusata viene trasferita, accusandola di aver sedotto il prete, e il prete resta al suo posto, continuando indisturbato», spiega padre Giovanni Cucci, psicologo e terapeuta.

«Se poi l'abuso viene da una donna, questa forma di colpevolizzazione si fa ancora più forte, come mi raccontava una religiosa che da novizia è stata abusata dalla maestra, la quale nel frattempo è diventata madre generale. A chi può rivolgersi per avere giustizia? Purtroppo molte vittime, soprattutto nel caso di abuso dei preti, hanno potuto ottenere giustizia solo davanti a un tribunale».

Una buona istruzione aiuterebbe

«Il primo ad ammettere che il problema esiste ed è grave è stato papa Francesco, rispondendo a una giornalista dell'agenzia Associated Press, Nicole Winfield, il 5 febbraio 2019», spiega Karlijn Demasure, teologa, che dirige il Centro per la protezione dei minori e persone vulnerabili della Saint Paul University a Ottawa.

L'anno prima la UISG, l'Unione internazionale delle superiori generali, costituita da duemila leader delle congregazioni religiose femminili di tutto il mondo in rappresentanza di oltre 500'000 suore, aveva espresso dolore e indignazione per le violenze nella Chiesa e aveva pubblicato un appello in cui esortava le religiose vittime di abusi a uscire dal silenzio e a denunciare le violenze. Un atto che ha contribuito a smuovere le acque stagnanti.

La prevenzione, secondo Demasure, richiede prima di tutto che le religiose abbiano una buona formazione, per non essere sedotte e confuse da una falsa teologia sul celibato che sta guadagnando terreno in alcuni ambienti: «I preti abusatori, infatti, spesso dicono che la scelta del celibato equivale a 'non essere sposati'». Il problema di fondo «è che bisogna intervenire con i preti».

Inoltre, perché non pensare anche per le religiose a uno strumento di aiuto simile a quello istituito per i minori dalla Pontificia università Gregoriana, il Centre for Child Protection, dove partendo da ricerche sul campo vengono offerti corsi e seminari su come riconoscere l'abuso e fronteggiarlo?

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