Belgio Uccise i cinque figli, donna muore con l'eutanasia

SDA

4.3.2023 - 10:42

Nei giorni scorsi Geneviève Lhermitte è morta all'ospedale Leonardo da Vinci di Montigny-le-Tilleul dopo aver chiesto e ottenuto l'eutanasia «per sofferenza psicologica irreversibile». Nel Paese la pratica è legale dal 2002.

Geneviève Lhermitte in tribunale nel 2008.
Geneviève Lhermitte in tribunale nel 2008.
KEYSTONE/AP Photo/Denis Closon, Pool

Il suo gesto sconvolse il piccolo centro di Nivelles, in Belgio. La donna, 56 anni, nel 2007 aveva ucciso a coltellate i suoi cinque figli – che avevano tra i 3 e i 15 anni – ed era successivamente stata condannata all'ergastolo. 

Al momento della tragedia la donna, che aveva lasciato il lavoro da insegnante anni prima per dedicarsi completamente alla famiglia, soffriva di una forte depressione e da sei anni era in cura da uno psichiatra.

Al termine della strage tentò senza successo di togliersi la vita, lasciando poco prima una lettera indirizzata a un'amica nella quale spiegava di trovarsi in una situazione «inestricabile».

Condannata all'ergastolo

Nel dicembre del 2008 il tribunale di Nivelles la condannò all'ergastolo ritenendola capace di intendere e di volere e colpevole di omicidio premeditato anche a seguito del rinvenimento di una lettera che la donna aveva scritto al suo psicologo il giorno prima degli omicidi nella quale rivelava i suoi piani per suicidarsi e portare con sé i figli.

Una seconda analisi indicò che la donna non poteva essere ritenuta responsabile delle sue azioni, raccomandandone il ricovero in una clinica psichiatrica. Dopo la condanna all'ergastolo aveva beneficiato della libertà condizionale per essere sottoposta a cure psichiatriche.

Eutanasia concessa a un'altra donna belga dopo uno stupro

L'eutanasia concessa a Lhermitte è il secondo caso messo in risalto nel giro di pochi giorni dalla stampa nazionale: un'altra donna belga, Nathalie Huygens, madre di due figli, ha ottenuto l'autorizzazione a mettere fine alla propria vita per le sofferenze psicologiche provocatele da uno stupro avvenuto nel 2016 a Vilvoorde che nessuna terapia è riuscita ad alleviare.

La richiesta era stata approvata a gennaio da una commissione formata da due psichiatri e un medico che, prima del via libera, hanno visitato e monitorato la paziente a lungo.

Anche il figlio ha sostenuto la scelta in una lettera aperta: «Ci troviamo da anni in una situazione in cui la mamma è ancora viva fisicamente, ma non più mentalmente», ha scritto. Ora manca soltanto la data in cui la procedura avrà luogo.