Arte Al MoMA di New York in mostra sei decenni di Ed Ruscha

SDA

8.9.2023 - 16:01

"L'arte è qualcosa che ti fa grattare la testa", aveva detto una volta Ed Ruscha. (Foto d'archivio)
"L'arte è qualcosa che ti fa grattare la testa", aveva detto una volta Ed Ruscha. (Foto d'archivio)
Keystone

«Non ho una Senna come Monet, ma ho la route 66»: così Ed Ruscha sintetizzò una volta la sua parabola artistica tra architettura «on the road», prodotti da supermercato, tramonti fiammeggianti, edifici decrepiti e segnali stradali.

Oggi 85 anni e ancora sulla breccia, Ruscha lasciò Oklahoma City, dove era cresciuto, per studiare arte commerciale al Chouinard Art Institute (oggi CalArt) di Los Angeles. Qui gli capitò l'equivalente dell'esplosione di «una bomba atomica»: vide la riproduzione di un dipinto di Jasper Johns e fu spinto a seguirne l'esempio.

La mostra Ed Ruscha: Now/Then raccoglie idealmente il testimone di Jasper Johns: Mind/Mirror, la grande rassegna dedicata nel 2021 dal Whitney e dal Philadelphia Museum of Art all'altro grande vecchio ancora in vita dell'arte a stelle e strisce. Incredibile ma vero: quella del MoMA è la prima mostra monografica dedicata dal museo newyorchese a questo artista che sfugge ad ogni definizione e la cui carriera creativa, ancora in divenire, copre ben sei decenni.

Aperta dal 10 settembre al 13 gennaio, Now/Then presenta oltre 200 opere – tra dipinti, disegni, stampe, fotografie, libri d'artista, film e installazioni – che fanno uso di materiali più disparati – dalla polvere da sparo al cioccolato, dal tabacco al sangue dello stesso Ruscha – e che hanno ispirato a loro volta generazioni di artisti, architetti e designer. Prendendo spunto dall'architettura della città, dal linguaggio di tutti giorni e dalla cultura pop, Ruscha registrò, trasformandoli, soggetti familiari – una pompa di benzina, il logo della 20th Century Fox, la scritta di Hollywood – spesso rivisitando siti e motivi ad anni di distanza.

Si parte dunque dai primissimi anni Sessanta quando, dopo un viaggio in autostop coast to coast nel 1954 e poi, nel 1961, un tour di sette mesi in 17 paesi europei tra cui l'Italia, Ruscha cominciò a prestare attenzione a come rendere singole parole ad impasto accentuando la forma delle lettere con spessi strati di colore.

«L'arte è qualcosa che ti fa grattare la testa», aveva detto una volta, e nulla fa grattare la testa (e venire almeno inizialmente l'acquolina in bocca) più della celebre «Stanza di Cioccolato» creata per la prima volta nel 1970 quando gli Stati Uniti affidarono a Ruscha il Padiglione Usa alla Biennale: centinaia di serigrafie «stampate» con pasta di cioccolato prodotta localmente e applicata su fogli di carta sono poi usati per foderare una stanza dal pavimento al soffitto.

Data la natura effimera del lavoro, l'installazione viene creata e distrutta ogni volta: questa, la prima a New York, è la sua settima incarnazione. Ruscha tornò poi alla Biennale nel 2005 con la serie Course of Empire ispirata ai dipinti dello stesso titolo del fondatore della scuola dell'Hudson, Thomas Cole, sull'ascesa e caduta degli imperi.

L'ultima opera in ordine cronologico è una bandiera a brandelli del 2017: realizzata un anno dopo l'elezione di Donald Trump alla Casa Bianca, esprime l'atteggiamento dell'artista verso la situazione socio-politica del suo paese, ricollegandosi idealmente a Jasper Jones che delle bandiere a stelle e strisce ha fatto uno dei motivi chiave della sua opera.