CovidPapa Francesco: «Vaccinarsi è un obbligo morale per sé e per gli altri»
SDA
10.1.2022 - 21:44
In precedenza, papa Francesco aveva definito il ricorso al vaccino anti-Covid «un atto d'amore». Ora, davanti all'evolversi della pandemia, con le nuove ondate e varianti virali, il Pontefice lo mette sul piano di un «obbligo morale», sia per sé che verso gli altri.
10.01.2022, 21:44
10.01.2022, 21:58
SDA
Nella tradizionale udienza di inizio d'anno agli ambasciatori accreditati presso la Santa Sede, riuniti nell'Aula della Benedizione, tra le tante situazioni di crisi e tensione internazionali la pandemia da coronavirus occupa un posto preponderante.
«In questi giorni – dice il Papa – vediamo come la lotta alla pandemia richieda ancora un notevole sforzo da parte di tutti e come anche il nuovo anno si prospetti impegnativo». Ma se il coronavirus «continua a creare isolamento sociale e a mietere vittime», allo stesso tempo «laddove si è svolta un'efficace campagna vaccinale il rischio di un decorso grave della malattia è diminuito». Per questo, Francesco ritiene «importante che possa proseguire lo sforzo per immunizzare quanto più possibile la popolazione», con «un molteplice impegno a livello personale, politico e dell'intera comunità internazionale».
«Anzitutto a livello personale – rimarca il Pontefice -. Tutti abbiamo la responsabilità di aver cura di noi stessi e della nostra salute, il che si traduce anche nel rispetto per la salute di chi ci è vicino. La cura della salute rappresenta un obbligo morale». Ma purtroppo, constata, «in un mondo dai forti contrasti ideologici», «tante volte ci si lascia determinare dall'ideologia del momento, spesso costruita su notizie infondate o fatti scarsamente documentati». Secondo il Papa, «ogni affermazione ideologica recide i legami della ragione umana con la realtà oggettiva delle cose». Mentre invece, proprio la pandemia ci impone «una sorta di 'cura di realtà', che richiede di guardare in faccia al problema e di adottare i rimedi adatti per risolverlo». E i vaccini «non sono strumenti magici di guarigione», ma «rappresentano certamente, in aggiunta alle cure che vanno sviluppate, la soluzione più ragionevole per la prevenzione della malattia».
Francesco 'bacchetta' anche la politica, cui chiede «decisioni di prevenzione e immunizzazione, che chiamino in causa anche i cittadini affinché possano sentirsi partecipi e responsabili, attraverso una comunicazione trasparente delle problematiche e delle misure idonee ad affrontarle». «La carenza di fermezza decisionale e di chiarezza comunicativa genera confusione, crea sfiducia e mina la coesione sociale, alimentando nuove tensioni – lamenta -. Si instaura un 'relativismo sociale' che ferisce l'armonia e l'unità».
Per il Pontefice, occorre inoltre «un impegno complessivo della comunità internazionale» perché «tutta la popolazione mondiale possa accedere in egual misura alle cure mediche essenziali e ai vaccini», laddove purtroppo «per vaste aree del mondo l'accesso universale all'assistenza sanitaria rimane ancora un miraggio».
«In un momento così grave per tutta l'umanità», Francesco ribadisce il suo appello «affinché i Governi e gli enti privati interessati mostrino senso di responsabilità, elaborando una risposta coordinata a tutti i livelli (locale, nazionale, regionale, globale), mediante nuovi modelli di solidarietà e strumenti atti a rafforzare le capacità dei Paesi più bisognosi». E a tale proposito esorta «tutti gli Stati» ad adottare «una politica di condivisione disinteressata» per l'accesso a presidi diagnostici, vaccini e farmaci, anche abbattendo «le regole monopolistiche» in materia di commercio e proprietà intellettuale.
Sempre in tema di pandemia, il Papa fa due ulteriori considerazioni. Una sui pesanti danni all'economia mondiale, «con gravi ricadute sulle famiglie e sui lavoratori, richiamando la necessità di «aumentare l'accesso al lavoro dignitoso e adoperarsi per il rispetto dei diritti umani e di livelli adeguati di retribuzione e protezione sociale».
L'altra, proprio nel giorno in cui in Italia si riaprono le scuole, sull'impossibilità che si è avuta per «molti giovani di accedere alle istituzioni educative, con detrimento del loro processo di crescita personale e sociale». Con l'avvertenza che le tecnologie, pur utili, non possono sostituire «i veri rapporti umani», e rischiano anzi «di estraniare dagli altri e dalla realtà circostante e di modificare radicalmente le relazioni sociali».