New York Rischia di chiudere lo storico bar Stonewall Inn

ATS

26.6.2020 - 17:09

La vetrina dello storico locale del Greenwich Village a New York.
La vetrina dello storico locale del Greenwich Village a New York.
Source: KEYSTONE/EPA/JUSTIN LANE

Quello che non potè l'Aids, potrebbe riuscire al Coronavirus: a causa della pandemia che da marzo tiene in scacco New York, rischia di chiudere lo Stonewall Inn, lo storico bar di Greenwich Village simbolo delle battaglie per i diritti dei gay.

La «tempesta perfetta» si è abbattuta sull'iconico locale in coincidenza con un doppio anniversario: i 50 anni dal primo Gay Pride e i cinque anni dal via libera della Corte Suprema ai matrimoni tra persone dello stesso sesso.

Una montagna di conti da pagare e le incertezze su quando la taverna potrà riaprire a pieno regime, stanno da settimane erodendo la fiducia dei proprietari: «Non chiuderemo domani o dopodomani», ha detto alla Cnn una di loro, Stacy Lentz, ma il futuro dello Stonewall Inn è in pericolo con le bollette per l'affitto e per l'assicurazione che continuano ad accumularsi in aggiunta ai normali costi operativi.

Luogo iconico per il movimento gay

Stonewall è un luogo iconico per il movimento gay: il 28 giugno 1969 una irruzione della polizia condita da arresti fece scoppiare una battaglia nelle strade del Village che per sei giorno oppose forze dell'ordine ai clienti omosessuali tra cui icone trans come Marsha P. Johnson e Sylvia Rivera.

Da allora la taverna e Christopher Park sono diventati meta di pellegrinaggio di attivisti e curiosi. Si recò lì, nel giugno 2013, come primo atto dopo la legalizzazione delle nozze gay, Edith Windsor, la donna lesbica la cui azione legale per far riconoscere il matrimonio con un'altra donna, cinque anni fa convinse la Corte Suprema a far cambiare rotta all'America.

Il parco davanti a Stonewall monumento nazionale

Quattro anni fa il parco davanti a Stonewall fu designato dall'allora presidente Barack Obama monumento nazionale, ma il bar non è protetto dalla proclamazione.

Soltanto l'affitto – ha spiegato Lentz – è di 40 mila dollari al mese, mentre i sussidi governativi per continuare a pagare il personale sono risultati molto al di sotto di quanto ci si aspettasse. Grazie alla «fase due» che ha parzialmente riaperto New York, lo Stonewall Inn ha ripreso a servire bevande all'aperto, non abbastanza però per riportare i bilanci in attivo.

Così, mentre il Gay Pride quest'anno sarà in formato ridotto a dispetto dell'importanza dei due anniversari – il virus impedirà a milioni di persone di marciare per le strade di New York – il bar ha lanciato una campagna raccogli fondi sulla piattaforma GoFundMe per pagare affitto e assicurazioni.

In cassa, grazie all'impegno di 2.600 donatori, sono arrivati oltre 133 mila dollari, il minimo indispensabile ad uscire dal profondo rosso.

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