Sale l'accusa d'ipocrisia nei confronti del ministro britannico Michael Gove, candidato alla successione di Theresa May come leader Tory e prossimo premier, dopo l'ammissione di aver fatto ripetutamente uso di cocaina una ventina d'anni fa, quand'era giornalista.
La confessione, fatta quando una biografia in uscita su di lui minacciava ormai di smascherarlo, non basta a sottrarlo alle polemiche. Né basta il nuovo mea culpa recitato oggi in un'intervista alla Bbc nella quale Gove – indicato come un brexiteer pragmatico nella corsa al dopo May, ma anche come uno spregiudicato tessitore di trame e tradimenti di partito – ha riconosciuto d'essere stato «fortunato» a non finire in carcere e ha deplorato il suo comportamento non solo come «un profondo errore», ma come «un reato» secondo la normativa di allora.
Non bastano poiché la stampa rispolvera articoli di fuoco scritti nello stesso periodo dall'attuale ministro sul Times – tra un festino alla coca e l'altro – per invocare legge più dure sulla droga: bollandolo apertamente come un «ipocrita».
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