BARCELLONA
Dovrebbe essere lunedì prossimo 9 ottobre, salvo colpi di scena sempre possibili e anzi probabili nella sfida incandescente fra Barcellona e Madrid, il prossimo grande momento della crisi della Catalogna.
Il Parlament di Barcellona ha deciso di riunirsi dal mattino in sessione "ordinaria eccezionale" per sentire il presidente Carles Puigdemont sul referendum di indipendenza di domenica, dichiarato "illegale" da Madrid, e stravinto dal sì con il 90%.
Il partito di sinistra della Cup, una delle tre componenti della coalizione indipendentista che ha la maggioranza assoluta nel Parlament, vuole che si proceda subito alla dichiarazione di indipendenza prevista dall'articolo 4 della "legge sul referendum", pure bocciata dalla corte costituzionale di Madrid
Ma nulla è scontato. La situazione è molto fluida. Dopo l'appello di Puigdemont lunedì per una mediazione internazionale fra Madrid e Barcellona, sotto ombrello europeo, molti vi stanno lavorando. Due ipotesi al momento sembrano possibili.
Quella di un tentativo del premier basco Inigo Urkullu, che si è proposto come interlocutore in una lettera al presidente della Commissione Ue Jean Claude Juncker. E in alternativa, o in parallelo, della Chiesa cattolica. Fonti del Govern hanno indicato che Puigdemont vedrebbe di buon occhio una iniziativa delle due più alte autorità cattoliche in Catalogna, il cardinale di Barcellona Juan José Omella e dell'Abate di Montserrat Josep Maria Soler.
Che qualcosa si stia muovendo sembra dimostrato dal fatto che ieri Omella, accompagnato dal cardinale di Madrid Carlos Osor, ha visto Rajoy. Questa mattina ha poi incontrato il vicepresidente catalano Oriol Junqueras. La Chiesa avrebbe le mani libere per mediare, senza precondizioni, fra le due parti.
Una iniziativa che sembra avere l'appoggio del leader di Podemos Pablo Iglesias, che ha annunciato questo pomeriggio di avere parlato con Rajoy e Puigdemont di come fare partire concretamente una mediazione. Ma se mediazione ci sarà, dovrà partire molto velocemente. Prima di una possibile dichiarazione formale di indipendenza lunedì che costringerebbe Madrid a ricorrere all'articolo 155 della Costituzione.
È questa "l'arma atomica" a disposizione di Rajoy che gli permetterebbe di prendere il controllo del governo catalano, o almeno di parte delle sue competenze - come il controllo della polizia catalana, i Mossos, il cui capo oggi è stato dichiarato indagato dalla giustizia spagnola per "sedizione" - e di destituire, o arrestare, Puigdemont e il suo governo convocando elezioni anticipate.
Ma con il rischio di un sollevamento di piazza in Catalogna, che le centinaia di migliaia di persone che ieri hanno manifestato contro la violenza della polizia di domenica fanno prevedere incontrollabile.
Molti però premono sul premier, che sarebbe ancora indeciso, perchè agisca con pugno di ferro. In questo senso va il duro discorso contro la Catalogna di re Felipe VI ieri sera, o le pressioni del "falco" Soraya de Santamaria, la vice premier, che il Psoe vuole censurare come responsabile delle cariche della polizia, o degli alleati unionisti di Ciudadanos, e della stampa di Madrid.
Da un'Europa scioccata dalle immagini di violenza di domenica contro i civili, arrivano sempre più appelli al dialogo, che Rajoy difficilmente può ignorare. Dopo un dibattito all'Europarlamento il presidente dell'assembla Antonio Tajani - come la Commissione Ue - ha auspicato un dialogo nel rispetto del quadro costituzionale. Ma il tempo corre. Lunedì c'è il rischio che una dichiarazione di indipendenza renda la crisi davvero esplosiva.
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