Francia Francia: azienda indagata per complicità in torture in Egitto

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28.11.2021 - 15:09

Proteste in Francia contro una visita del presidente egiziano Abdel Fatah al Sisi al presidente francese Emmanuel Macron (foto dell'8 dicembre 2020)
Proteste in Francia contro una visita del presidente egiziano Abdel Fatah al Sisi al presidente francese Emmanuel Macron (foto dell'8 dicembre 2020)
Keystone

L'azienda francese Nexa Technologies è sotto indagine a Parigi per «complicità in atti di tortura e sparizioni forzate» con l'accusa di aver venduto al regime egiziano apparecchiature di sorveglianza informatica che avrebbero consentito di rintracciare gli oppositori.

28.11.2021 - 15:09

Lo ha appreso l'Afp da una fonte vicina al caso.

Il pronunciamento del giudice per le indagini preliminari, responsabile delle indagini, risale al 12 ottobre, circa quattro mesi dopo quelli emessi nei confronti di quattro dirigenti della società, sostengono le fonti dell'Afp. L'avvocato di Nexa Technologies, François Zimeray, ha rifiutato di commentare.

Programma d'intercettazione «Cerebro»

Un'inchiesta era stata aperta già nel 2017 in seguito a denunce presentate da organizzazioni per la difesa dei diritti dell'uomo. L'indagine si basava su un'inchiesta del settimanale francese Télérama che aveva rivelato nel 2014 l'esistenza di «un sistema di intercettazioni da 10 milioni di euro per lottare – ufficialmente – contro i Fratelli musulmani, l'opposizione islamica in Egitto.

Denominato 'Cerebro', il programma consente di tracciare in tempo reale le comunicazioni elettroniche di un soggetto a partire da un indirizzo email o da un numero di telefono. Le organizzazioni all'origine della denuncia accusavano questo software di essere stato utilizzato nell'ondata di repressione in Egitto contro gli oppositori del presidente Abdel Fatah al Sisi.

Nei giorni scorsi, il media investigativo online Disclose, aveva citato «documenti riservati della difesa» per affermare che la Francia starebbe fornendo informazioni alle autorità egiziane che vengono utilizzate dal Cairo per prendere di mira trafficanti al confine egiziano-libico, e non soltanto jihadisti come invece previsto dagli accordi.

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