Anche dal Senato Fiducia alla Meloni: «Italia senza visione, ora la mia ricetta»

SDA

26.10.2022 - 22:04

La Presidente del Consiglio Giorgia Meloni in vista del voto di fiducia per il nuovo governo, al Senato a Roma, il 26 ottobre 2022.
La Presidente del Consiglio Giorgia Meloni in vista del voto di fiducia per il nuovo governo, al Senato a Roma, il 26 ottobre 2022.
KEYSTONE

Il tetto al contante, che non frena l'evasione e «penalizza i poveri». Il salario minimo che non risolve il problema dei «bassi salari». Il Pnrr, di cui si è speso finora la metà dei fondi. E poi la gestione del Covid, le scelte «senza basi» sposando la scienza quasi fosse «una religione». Da oggi cambia tutto.

All'Italia «senza visione», che non trova soluzioni «efficaci» a tanti problemi promette risposte Giorgia Meloni nell'Aula al Senato dove incassa la fiducia facendo l'en plein con 115 sì: 49 minuti di intervento, tutto politico, rispondendo punto a punto alle critiche e tracciando la sua ricetta per risollevare l'Italia dalla pesante «eredità» dei governi passati.

Parla fiera, davanti ai senatori, anche se la voce di tanto in tanto la abbandona. Se ne scusa ma non si risparmia nel raccontare la sua idea di paese dopo che si è fatta una «operazione verità» proprio grazie alle critiche in Aula che hanno fatto emergere la vera situazione in cui si trova l'Italia.

Che non dovrà passare «dalla dipendenza dal gas russo a quella dalle materie prime cinesi», che dovrà superare blocchi burocratici incomprensibili, far ripartire le trivelle nell'adriatico perché se il gas lo estraggono altri «non è che inquina di meno». E trasformare il Sud «nell'hub energetico dell'Europa», anche per evitare di dover correre a installare rigassificatori «con procedure di urgenza e gravosi impatti sui territori».

Meloni ha le idee chiare anche sulla pace

Meloni ha le idee chiare anche sulla pace – è stata criticata per l'assenza della parola nel discorso-manifesto di martedì – che non si ottiene né «con la resa di Kiev» né «con le bandiere arcobaleno» in piazza. Una stoccata a chi, tra le opposizioni, quelle piazze sta per riempirle a inizio novembre.

E non l'unica. Ce l'ha in particolare con il Movimento 5 Stelle (M5s), ma anche con il Partito democratico (Pd) la neo premier. Quando ricorda chi «brindava per l'abolizione della povertà» e quando spiega che il salario minimo rischia di essere uno «specchietto per le allodole» mentre la soluzione per contrastare il lavoro povero è l'estensione dei contratti collettivi», oltre al taglio del cuneo 5 punti per alzare tutti gli stipendi.

Quando passa al capitolo tasse, invece, chiama in causa direttamente i governi del Pd e l'ex ministro Pier Carlo Padoan. Era proprio lui, ricorda, a sostenere che non c'era correlazione tra livello del contante ed evasione.

E delinea una delle prime mosse «concrete» del suo esecutivo

E delinea una delle prime mosse «concrete» del suo esecutivo, oltre a introdurre la «flat tax incrementale» (che di fatto è un premio «al merito» di chi si impegna per fare di più), anche quella di «rimettere mano al tetto al contante», trovando il muro di Pd e M5s. Un'idea lanciata poco prima dalla Lega, che in questi primi giorni corre – non senza creare qualche irritazione in casa di Fratelli d'Italia (Fdi) – ad anticipare l'agenda.

Mentre l'altro alleato, Forza Italia (Fi), continua a chiedere pari dignità almeno nella partita dei sottosegretari. Che la premier vorrebbe definire il prima possibile ed evitare altre frizioni come quelle nella composizione della squadra di governo. «La situazione è difficile» dice non a caso Silvio Berlusconi, che torna in Senato dopo 9 anni, garantendo comunque il sì «convinto» alla fiducia.

Ne ha per tutti, Meloni: alla senatrice Ilaria Cucchi che la sollecita tra l'altro sugli scontri alla Sapienza di ieri ribatte che non si va in piazza «per impedire agli altri di parlare», che «il rispetto delle idee altrui» è l'essenza «della democrazia». E respinge le accuse dell'ex magistrato Roberto Scarpinato sottolineando di non essere stupita da un approccio «smaccatamente ideologico». Lo stesso di «parte della magistratura» che negli anni hanno costruito sulla base di «teoremi» processi «fallimentari» a cominciare da via D'Amelio.

Non si risparmia nemmeno sul Covid

Non risparmia nemmeno il Covid e il Piano nazionale ripresa resilienza (Pnrr), i due fiori all'occhiello del governo Draghi: i fondi spesi sono appena 21 miliardi su 42. Non andava quindi poi tutto «così bene» e ora il governo di centrodestra si caricherà anche «la grande responsabilità di velocizzare», sintetizza, ripetendo di fatto il concetto – l'unico finora – che aveva incrinato i rapporti con il suo predecessore.

Quanto alla pandemia, i governi – usa il plurale – hanno adottato provvedimenti senza che ci fossero «evidenze scientifiche», compreso il via libera ai vaccini ai 12enni. Misure che peraltro, hanno pure rischiato di fiaccare la lotta alla mafia con «l'uscita di decine di detenuti dal 41 bis con la scusa del Covid».