Italia Meloni: «Difenderemo il Paese anche da soli»

SDA

1.5.2022 - 19:42

«Andiamo al governo se ci mandano gli italiani. Sappiamo che non puoi fare una rivoluzione se fai patti con l'establishment», ha detto la presidente di Fratelli d'Italia Giorgia Meloni. (Immagine d'archivo)
«Andiamo al governo se ci mandano gli italiani. Sappiamo che non puoi fare una rivoluzione se fai patti con l'establishment», ha detto la presidente di Fratelli d'Italia Giorgia Meloni. (Immagine d'archivo)
Keystone

«Vogliamo dare orgoglio a questa nazione: spero di farlo con il centrodestra, ma noi lo faremo comunque». Dalla conferenza programmatica di Milano, la presidente di Fratelli d'Italia (Fdi) Giorgia Meloni lancia una sorta di ultimatum agli alleati del centrodestra.

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In una lunga e appassionata relazione conclusiva, Meloni apre di fatto questa lunga campagna elettorale con toni fermi e decisi. Usando una metafora marittima, annuncia che il suo partito è come una nave pronta ad andare in mare aperto: «Ora siamo pronti a salpare, ad alzare le vele per un lungo viaggio che porterà i conservatori al governo».

Prende le distanze da quei politici che «cavalcano l'onda degli eventi». Ora, osserva, «in mezzo alla tempesta quando tutto intorno a noi sta cambiando», quella condotta «è impossibile». «Loro sono surfisti, noi invece siamo navigatori, vogliamo dominare l'oceano, perché abbiamo una rotta chiara. E tutto questo non lo puoi fare se non conosci le stelle, i venti, se non studi».

Serve «chiarezza»

E sempre rivolto agli alleati, ribadisce che ogni alleanza per andare avanti necessità di «chiarezza». Mimando in modo plateale con le due mani ben distinte una dall'altra, aggiunge: «Noi siamo qui, dall'altro lato c'è la sinistra. E voi dove volete stare? Se volete stare a destra serve chiarezza e orgoglio, senza porte girevoli. Si vince e si perde assieme senza allearsi ai nostri avversari».

E la prima prova per dimostrare questa chiarezza, secondo Meloni, è la partita siciliana, dove Fdi chiede l'impegno della coalizione a favore della rielezione del presidente uscente, Nello Musumeci: «Serve rispetto delle regole: un governatore capace non si manda a casa per fare un dispetto a qualcuno», ammonisce.

Certa delle proprie ragioni, ribadisce di non sentirsi «figlia di un Dio minore», di non avere «complessi di inferiorità». Rivendica la scelta di rimanere all'opposizione: «Andiamo al governo se ci mandano gli italiani. Sappiamo che non puoi fare una rivoluzione se fai patti con l'establishment».

Attacca anche i sindacati, accusandoli di difendere più che il lavoro «i loro iscritti». E in questo primo maggio alternativo, rende omaggio ai «lavoratori che non salgono sui palchi sindacali», i «non tutelati».

Infine, a consolidare la sua credibilità anche sullo scenario europeo, in qualità di presidente dei Conservatori, incassa l'appoggio di due primi ministri, quello polacco e quello ceco. «Il vostro congresso – dice il polacco Mateusz Morawiecki – è un raggio di speranza, e prelude una ventata di cambiamento in Europa». «Insieme restituiremo libertà e sicurezza all'Europa intera», aggiunge il ceco Petr Fiala.