Gb-Ue Johnson, Brexit a ottobre anche senz'accordo

ATS

25.5.2019 - 19:37

Boris Johnson ora vuole una Brexit a ottobre con o senza accordo
Boris Johnson ora vuole una Brexit a ottobre con o senza accordo
Source: KEYSTONE/SWISS ECONOMIC FORUM

Fuori dall'Ue il 31 ottobre, «con o senza accordo». Boris Johnson lancia la sua parola d'ordine per provare a conquistare la poltrona di leader del partito conservatore britannico e quella di primo ministro dopo l'addio tra le lacrime di Theresa May.

Ma la sfida dell'ex titolare degli Esteri ed ex sindaco di Londra, campione di una retorica pro Brexit che divide il Paese in estimatori e detrattori radicali, è ancora agli inizi: incoraggiata da consensi crescenti in casa Tory, eppure tutt'altro che al riparo dalle insidie d'una platea di rivali di giorno in giorno più larga, in attesa dello start il 7 giugno.

Il guanto Boris lo ha lanciato ieri dal palco dello Swiss Economic Forum (SEF) di Interlaken (BE), con parole riecheggiate trionfalmente dal Daily Telegraph, il suo giornale, nella forma di uno slogan tagliato con l'accetta. Di slogan in effetti si tratta, perché a leggere fra le righe il senso non pare esattamente quello d'invocare come un destino obbligato il «no deal» (temuto da molti altri, mondo del business in testa, ma che un premier determinato potrebbe imporre di default senza necessariamente essere tenuto a ridare un voto vincolante al Parlamento).

E tuttavia come un'ipotesi da sbandierare. Se sarò scelto «vi sarà l'opportunità di fare le cose in modo diverso e noi lasceremo l'Ue il 31 ottobre, 'deal' o no 'deal'«, gigioneggia Johnson nei panni di candidato. Salvo precisare che potrebbe trattarsi anche di tattica, visto che «il modo migliore d'avere un buon accordo è predisporsi a un'uscita senza accordo».

Calembour e artifici verbali a parte, il messaggio dell'eterno aspirante leader stavolta potrebbe andare a segno. Il suo riferimento al 31 ottobre, scadenza della proroga (flessibile) concessa da Bruxelles al Regno Unito, resta netto e categorico: con lui oltre non si va. E gli vale reazioni immediate. Contro si schierano due moderati della leva dei 40enni, il ministro della Sanità, Matt Hancock, e quello della Cooperazione Internazionale, Rory Stewart, entrambi scesi a loro volta in campo, ma con la promessa di riuscire dove la May ha ripetutamente fallito: condurre in porto una Brexit con accordo e solo una Brexit con accordo. Dalla loro parte, hanno il fatto di poter rappresentare anche una svolta generazionale. Da outsider però: meno divisivi, ma molto meno trascinanti.

Il primo gioca per se stesso, 40 anni appena compiuti, la carta del leader dell'avvenire. Di colui che ha più tempo davanti ed è pronto a usarlo trattando a oltranza con Westminster, anche per evitare l'epilogo di elezioni politiche anticipate il cui risultato sarebbe inevitabilmente diverso da quello delle Europee di questo fine settimana e potrebbe portare entro Natale al governo del Regno il Labour neo-socialista di Jeremy Corbyn (Corbyn by Christmas è divenuto un hashtag virale, incubo per alcuni, sogno per altri, mentre il maggior partito di opposizione fa già sapere di essere pronto a presentare una mozione di sfiducia contro chiunque succederà alla May).

Il secondo prende di petto Boris. Che, dice Stewart, «ha molte qualità», ma non quella d'essere affidabile: «Solo due settimane fa mi aveva detto di non voler spingere per un 'no deal' e ora tira fuori questa soluzione che io credo sia non attuabile, non necessaria e dannosa per il Paese e per la nostra economia».

I bookmaker non credono comunque che Stewart o Hancock possano rappresentare un vera ostacolo per Johnson, al pari della «brexiteer» Esther McVeigh, altra figura già in lizza. Tanto meno se, come scrive il Telegraph, dalla parte di Boris si orientassero come verso qualcosa d'inevitabile colombe di peso quali i ministri Philip Hammond e Amber Rudd. Salvo non scommettere su altri euroscettici per ora in attesa sulla riva del fiume, come il dottor sottile Michale Gove o il super falco Dominic Raab. Oppure puntare sul centrista Jeremy Hunt, che la sua candidatura l'ha presentata in veste di «pro Remain» pentito: avvicinatosi da tempo ai falchi fino a paragonare fra il serio e il faceto l'Unione Europea all'Unione Sovietica.

Tornare alla home page

ATS