Lutti L'ex segretario di Stato statunitense Colin Powell è morto di Covid

SDA

18.10.2021 - 14:40

L'ex segretario di Stato Usa Colin Powell (foto d'archivio)
L'ex segretario di Stato Usa Colin Powell (foto d'archivio)
Keystone

L'America dice addio a Colin Powell, una delle figure più influenti e controverse della politica statunitense degli ultimi decenni. Una carriera, la sua, che ha raggiunto il picco con la nomina a segretario di Stato nella prima amministrazione di George W. Bush.

18.10.2021 - 14:40

Powell è stato il primo afroamericano a ricoprire il ruolo di capo di stato maggiore delle forze armate statunitensi e quello di capo della diplomazia a stelle e strisce, sotto la presidenza repubblicana di Geroge W. Bush.

«Abbiamo perso uno straordinario marito, padre, nonno e un grande americano», scrivono i familiari su Facebook, sottolineando come Powell fosse pienamente vaccinato. Lottava però da qualche tempo contro un cancro del sangue, che sopprime la risposta immunitaria del corpo.

Il post della famiglia su Facebook

Colin Powell è morto al Walter Reed Hospital, nella periferia di Washington, dove vengono spesso curati i presidenti degli Stati Uniti.

Il discorso all'ONU sull'Iraq, «Una macchia nella carriera»

Difensore della guerra in Iraq,  Powell aveva pronunciato il 5 febbraio 2003, davanti al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, un lungo discorso sulle armi di distruzione di massa presumibilmente detenute dall'Iraq, argomenti che sono serviti a giustificare l'invasione del paese, ma che poi non hanno mai trovato conferma nella realtà. Il regime di Saddam Houssein però non disponeva di armi di distruzione di massa.

In seguito ha ammesso che il suo intervento, ormai diventato celebre, anche perché ripreso in molti documentari storici televisivi, era una «macchia» sulla sua reputazione: «È una macchia perché sono stato io a fare questa presentazione per conto degli Stati Uniti al mondo, e farà sempre parte del mio bilancio personale».

Repubblicano ma con Obama del 2008

Nato il 5 aprile 1937 ad Harlem, Colin Powell è cresciuto a New York, dove ha studiato geologia. Aveva iniziato la sua carriera militare nel 1958. Dapprima di stanza in Germania, fu poi inviato in Vietnam come consigliere militare di John F. Kennedy.

Da anni oramai in pensione, l'ultima uscita politica di Powell risale al gennaio scorso, quando dopo l'assalto al Congresso affermò di non riconoscersi più nel partito repubblicano, ripudiandone definitivamente i vertici considerati ostaggio di una figura come Donald Trump, contro cui aveva votato nel 2016 e nel 2020.

Ma già dal 2008 la sua insofferenza verso il Grand Old Party era emersa con l'endorsement dato a Barack Obama, che definì una figura del cambiamento in grado di trasformare il Paese.

Un riformatore

Del resto anche lui con la sua vicenda professionale ed umana ha contribuito in maniera significativa al cambiamento. Con Powell infatti se ne va non solo un protagonista di 40 anni di politica estera statunitense, ma anche un simbolo del sogno americano e dell'emancipazione della comunità afroamericana.

Nato ad Harlem da genitori emigrati dalla Giamaica, cresciuto tra le difficili strade del Bronx e laureatosi all'università pubblica di New York, Powell, grazie alle sue indiscutibili doti di leadership, ha scalato la piramide sociale arrivando ai massimi vertici delle forze armate Usa e della diplomazia mondiale.

Le frizioni con Cheney e Rumsfeld

È diventato così il primo afroamericano a ricoprire i ruoli di consigliere della sicurezza nazionale con Ronald Reagan (che aiutò a negoziare con Michail Gorbaciov la fine della Guerra Fredda), di capo di stato maggiore delle forze armate Usa (dirigendo l'operazione Desert Storm nella prima Guerra del Golfo Persico) e di segretario di Stato dal 2001 al 2004.

Il difficile rapporto con altri due uomini forti della presidenza di George W. Bush, due falchi come il vicepresidente Dick Cheney e il capo del Pentagono Donald Rumsfield, lo convinsero a dimettersi prima della fine del mandato. «L'America perde un grande servitore dello Stato», gli ha reso omaggio l'ex presidente.

La dottrina Powell

La sua più grande eredità resta la dottrina che porta il suo nome, elaborata all'inizio degli anni '90 con la fine della Guerra Fredda e sviluppata a partire dalla prima guerra in Iraq. Una dottrina che, seppure Powell fosse soprannominato «il guerriero riluttante», enfatizzava l'uso delle forze di terra per difendere gli interessi di sicurezza nazionale.

Una linea che ha portato alle due guerre del Golfo e all'invasione dell'Afghanistan dopo gli attentati dell'11 settembre 2001 e che oggi viene messa in discussione, con il presidente Joe Biden che con la fuga da Kabul ha di fatto chiuso un'era.

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