Processo di pace La conferenza di Berlino sulla Libia: «Via tutti i mercenari»

SDA

23.6.2021 - 20:55

Le elezioni "devono tenersi il 24 dicembre come concordato" e "tutte le forze mercenarie e straniere devono essere ritirate, senza indugio". Sono le conclusioni della seconda conferenza di Berlino sulla Libia per rilanciare la pacificazione del Paese.
Le elezioni "devono tenersi il 24 dicembre come concordato" e "tutte le forze mercenarie e straniere devono essere ritirate, senza indugio". Sono le conclusioni della seconda conferenza di Berlino sulla Libia per rilanciare la pacificazione del Paese.
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Le elezioni «devono tenersi il 24 dicembre come concordato» e «tutte le forze mercenarie e straniere devono essere ritirate, senza indugio». Sono le conclusioni della seconda conferenza di Berlino sulla Libia per rilanciare la pacificazione del Paese.

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Ma nonostante la consapevolezza delle molte difficoltà sulla strada verso il voto e le resistenze di Ankara, il padrone di casa, il ministro degli Esteri tedesco Heiko Maas, si è detto «molto soddisfatto del risultato».

«Non molleremo e non ci daremo pace fino a quando non sarà uscita dal paese l'ultima truppa straniera», e questo «a prescindere dal Paese di provenienza», ha avvertito il capo della diplomazia di Angela Merkel rispondendo ad una domanda alla conferenza stampa finale.

«Contiamo sul fatto che il governo riuscirà a organizzare le elezioni», ha anche aggiunto, pur consapevoli delle «molte difficoltà». È stata poi la ministra degli Esteri libica Najla Mangoush ad assicurare «il sostegno del governo alle elezioni», in un contesto segnato però da grandi «sfide» anche «sul piano della sicurezza».

Presenti 12 delegazioni

Alla conferenza dei ministri degli Esteri hanno partecipato 12 delegazioni, fra cui quella italiana con il ministro Luigi Di Maio. A rafforzare il messaggio sul tema principale al tavolo di oggi – i 20 mila mercenari stranieri (fra cui turchi, russi ed egiziani) che non hanno ancora lasciato la Libia – anche il segretario di Stato americano, Antony Blinken, che ha partecipato ai lavori fra una bilaterale col collega tedesco e una visita alla cancelliera Merkel.

Su questo fronte Maas e Rosemary Di Carlo (Onu) hanno segnalato «progressi» nella discussione, tanto da poter immaginare che il ritiro possa iniziare, sia pur «con un approccio per step», fin dai prossimi giorni.

Era questo uno dei nodi rimasti irrisolti dalla prima conferenza sulla Libia, dal momento che nel gennaio 2020 «chi aveva promesso di lasciare il Paese poi non ha mantenuto la parola data», come denunciato dallo stesso Maas due giorni fa da un giornale tedesco.

Elezioni, allarme di un possibile fiasco

Sulle elezioni, l'allarme di un possibile fiasco è arrivato invece all'inizio dei lavori dal segretario generale dell'Onu, Antonio Guterres, che ha inviato un video messaggio nel quale ha messo in guardia: il voto di dicembre è a rischio, servono «misure stringenti» per salvaguardare questo obiettivo e «bisogna chiarire i presupposti costituzionali e legali» perché il voto si possa tenere.

La presenza di Blinken (mentre il russo Lavrov ha disertato, mandando il suo vice) è stato un segnale positivo di fronte al tentativo europeo di ottenere un sostegno concreto degli Stati Uniti: «L'attore che avrebbe più carte da giocare non vuole essere coinvolto in quella parte del mondo – ha detto in proposito Mario Draghi al Senato -. Ne abbiamo parlato in Cornovaglia. Quel che si sta cercando di fare è sollecitare l'intervento dell'Ue sotto l'auspicio delle Nazioni unite e a quel punto si può vedere se gli Stati uniti intendono essere coinvolti».

A Berlino il segretario di Stato americano in effetti ha insistito più volte sul valore «dell'iniziativa» e della «leadership» tedesca sul dossier libico: parole che si possono interpretare come dimostrazione di amicizia, certo, ma anche come la conferma di una cauta presa di distanza dalla prima linea sulla crisi di Tripoli.

Dei passi avanti hanno comunque dato atto tutti: «La situazione in Libia è significativamente migliorata dalla conferenza del 19 gennaio 2020. Le ostilità sono state stoppate e c'è una tregua», si legge fra l'altro nelle conclusioni. «C'è un esecutivo ad interim e il governo di unità nazionale approvato dalla Camera dei rappresentanti».

«Non si tornerà indietro alla guerra», ha affermato anche il premier libico Dbeibah prendendo la parola in apertura ma certo «molto resta ancora da fare»: 1,3 milioni di libici hanno bisogno degli aiuti umanitari, 400 mila in più rispetto all'anno scorso, secondo l'Onu. E continua ad essere difficile l'approvvigionamento di elettricità e acqua per la popolazione.