Ucraina La «Netflix war» di Putin e Biden, tutto in diretta

SDA

21.2.2022 - 22:35

La guerra cambia e si adatta alle circostanze. L'attacco in diretta tv all'Iraq – nel 1990 con il cielo di Baghdad che s'incendiava sugli schermi di mezzo mondo – segna l'inizio dell'epoca dei conflitti sulle «tv all news», che propongono notizie a flusso continuo. Poi, con internet e i social c'è un primo cambio di passo. E ora ce n'è un altro, che è nominato «Netflix war».

Immagine d'illustrazione
Immagine d'illustrazione
KEYSTONE / archivio

21.2.2022 - 22:35

Dopo i conflitti in diretta sui canali all news sono arrivati i social media. E all'epoca la primavera araba (2010-2012) è il primo grande test e la Russia, in quel caso, incolpò l'Occidente di aver coniato la «guerra ibrida».

Poi però se ne è appropriata e l'ha perfezionata, come dimostra l'operazione-Crimea (2014), dove a farla da padrona è un mix letale tra disinformazione e attacchi cyber.

Ma non basta: gli ultimi sviluppi raccontano di un salto di qualità, «la guerra Netflix».

Come definire in altro modo, infatti, quanto Russia e Stati Uniti hanno messo in campo nelle scorse settimane pur di preparare cuori, menti e alleati allo scontro finale?

Affermazioni senza prove

Joe Biden ha iniziato con la sua strategia dell'intelligence «in chiaro». Senza pubblicare uno straccio di prova, sollevando anche le critiche del pool giornalistico della Casa Bianca, giorno dopo giorno si sono susseguiti annunci di «attacchi imminenti», operazioni sotto «falsa bandiera» dei commando di Mosca, aggiornamenti costanti dell'accumulo militare russo, con piantine e fotografie.

L'Ucraina ha protestato e in più di una occasione ha persino confutato le informazioni diffuse da Washington, lamentandosi che così facendo l'alleato a stelle e strisce «colpiva la sua economia» e, dunque, faceva un favore al suo stesso avversario.

Londra ha subito seguito la strada aperta dagli Stati Uniti e ha rincarato la dose, contribuendo con la sua intelligence e le sue mappe.

Mosca non sta a guardare

Il Cremlino naturalmente non è stato da meno. La sua macchina della «desinformazia» lavora a pieno regime da anni, e negli ultimi giorni ha messo il turbo, con la diffusione di video pre-registrati spacciati come freschi per mostrare l'assalto ucraino al Donbass separatista.

Il climax però s'è raggiunto con il Consiglio di Sicurezza di Mosca trasmesso in streaming. Tutti i vertici dello Stato che sfilano davanti a Putin e, a turno, si dicono a favore del riconoscimento delle repubbliche separatiste.

C'è chi inciampa nelle parole, come il capo dei servizi segreti esterni (SVR), Serghiei Naryshkin, e viene ripreso in diretta dallo zar: «Esprimiti in modo più chiaro, sei a favore o no?». Lo show è senza precedenti.

Putin mostra alla Russia – e al mondo – che non è un pazzo rinchiuso nel bunker, come qualcuno lo vorrebbe dipingere, ma che ha il sostegno del gotha della nazione: ministri, capi dei servizi, premier, presidenti delle camere.

A ben vedere, si tratta anche di una polizza sulla vita: nessuno potrà dire, a conti fatti, di non essere stato a favore. Ma la sceneggiatura della «guerra Netflix» deve prevedere colpi di scena per funzionare, e infatti la diretta salta quando Putin dice: «Decideremo oggi». E ora si aspetta la prossima puntata...

SDA