CinaLa stretta di Pechino, «nascite dimezzate nello Xinjiang»
SDA
13.5.2021 - 21:20
Sempre meno bambini uiguri nello Xinjang. La stretta di Pechino sulle minoranze musulmane nella regione ha quasi dimezzato il tasso di natalità nello Xinjiang tra il 2017 e il 2019.
Keystone-SDA
13.05.2021, 21:20
13.05.2021, 21:25
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L'ultimo rapporto del think tank Australian Strategic Policy Institute (Aspi) ha aggiunto pesanti critiche alle politiche coercitive sulla fertilità praticate, secondo le accuse, nella vasta regione del nord-ovest dove la Cina ha dal 2014 a oggi, in base a una ricerca dell'Uyghur Human Rights Project, messo in carcere in modo pretestuoso almeno 630 imam e altre figure religiose musulmane per «propaganda estremista», «chiamata a raccolta di folla per disturbare l'ordine sociale» e «incitamento al separatismo».
Il fronte dello Xinjiang resta estremamente caldo coi dossier su incarcerazioni di massa, lavoro e sterilizzazione forzati negli ultimi anni: il Dipartimento di Stato americano ha accusato mercoledì la Cina di trasformare la regione in una «prigione a cielo aperto», nel rapporto 2020 annuale sulla libertà religiosa internazionale.
La Cina criminalizza «l'espressione religiosa e continua a commettere crimini contro l'umanità e genocidio contro gli uiguri e le altre minoranze religiose ed etniche», ha detto il Segretario di Stato Antony Blinken nell'occasione.
L'allarme dell'Aspi, tuttavia, s'è spinto oltre perché i suoi autori, Nathan Ruser e James Leibold, hanno sostenuto che le cifre dimostrano cali di nascite senza precedenti, più estremi di qualsiasi altra regione o fase nei 71 anni di raccolta dati sulla fertilità da parte dell'Onu, anche nei genocidi in Ruanda e Cambogia.
La ricerca Aspi è stata compilata usando le statistiche pubbliche del governo cinese, creando una banca dati sulla natalità a livello di contea dal 2011 al 2019 ed esaminando nel dettaglio quelle con quote più alte di uiguri e altre minoranze musulmane. Il tasso delle nascite è calato del 48,74% tra il 2017 e il 2019: nelle contee in cui la popolazione era almeno per il 90% non cinese di etnia Han, la percentuale è scesa in media del 56,5% tra il 2017 e il 2018.
Leader musulmani dello Xinjiang contro le accuse di soppressione religiosa
A Pechino, intanto, sono scesi in campo i leader musulmani dello Xinjiang contro le accuse di soppressione religiosa, intervenendo a un ricevimento per diplomatici e media stranieri alla fine del Ramadan. Facendo eco alla linea ufficiale, il presidente dell'Associazione islamica dello Xinjiang ha affermato che la Cina ha sradicato il terreno fertile per l'estremismo migliorando i mezzi di sussistenza, insegnando alle persone la legge e istituendo centri di formazione professionale e istruzione.
Abdureqip Tomurniyaz, che dirige l'associazione e la Scuola per gli studi islamici, ha parlato di forze anti-cinesi negli Usa e in altri Paesi occidentali che «diffondono voci e bugie. Vogliono sabotare l'armonia e la stabilità, contenere l'ascesa della Cina e alienare i rapporti Cina-Paesi islamici».
I leader religiosi di cinque moschee hanno parlato alla presentazione di 90 minuti, tre di persona e due in video. Tutti hanno descritto preghiere e banchetti per l'Eid al-Fitr e hanno respinto le critiche. I filmati hanno mostrato uomini che pregavano nelle moschee e persone che ballavano fuori, nelle piazze.
Tutti i gruppi etnici «sostengono le misure adottate per combattere il terrorismo e tutte le persone sono grate al Partito comunista cinese e al governo per il ripristino della stabilità e per la promozione della crescita economica», ha scandito Mamat Juma, l'imam della storica moschea Id Kah nella città di Kashgar e il cui padre morì in un attentato nel 2014. Di matrice «fondamentalista», secondo le conclusioni delle autorità locali.