Politica I legali di Trump: «Carte top secret a Mar-a-Lago? È normale»

SDA

1.9.2022 - 16:56

I legali di Donald Trump hanno risposto al nuovo documento presentato dal dipartimento di Giustizia mercoledì nel quale si accusa l'ex presidente e il suo team di aver rimosso e nascosto a Mar-a-Lago documenti classificati per ostacolare le indagini. Lo riporta la Cnn che ha visionato la risposta formale della difesa.

Questa immagine, contenuta in un documento del Dipartimento di Giustizia del 30 agosto 2022, mostra una foto dei documenti sequestrati durante la perquisizione dell'8 agosto da parte dell'FBI nella tenuta Mar-a-Lago dell'ex presidente Donald Trump in Florida.
Questa immagine, contenuta in un documento del Dipartimento di Giustizia del 30 agosto 2022, mostra una foto dei documenti sequestrati durante la perquisizione dell'8 agosto da parte dell'FBI nella tenuta Mar-a-Lago dell'ex presidente Donald Trump in Florida.
KEYSTONE/Department of Justice via AP

Keystone-SDA

Gli investigatori «hanno preso documenti da alcuni file e li hanno sparpagliati sul pavimento per ottenere un effetto drammatico», attaccano gli avvocati del tycoon riferendosi ad una fotografia, diventata virale, che mostra carte con su scritto 'top secret' sulla moquette della residenza in Florida.

Qualche ora prima anche Trump aveva accusato i federali di aver «sparpagliato di proposito» i documenti sul pavimento per poi scattare la foto. L'accusa all'Fbi è contenuta anche nella risposta formale al dipartimento di Giustizia.

Gli avvocati di Donald Trump hanno indirettamente ammesso che nella residenza di Mar-a-Lago ci fossero carte top secret nella risposta al nuovo documento del dipartimento di Giustizia presentata giovedì.

Secondo quanto riportato dalla Cnn, che ha visionato la risposta, i legali dell'ex presidente sostengono che «il fatto che tra i documenti presidenziali ci fossero carte top secret non deve destare allarme».

E ancora gli avvocati del tycoon sottolineano che gli Archivi Nazionali «dovevano aspettarsi nelle 15 scatole» che Trump ha consegnato a gennaio da Mar-a-Lago ci fosse «materiale classificato perché erano carte presidenziali».

Si aspetterà la fine delle midterm per incriminare Trump?

È probabile che il dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti aspetti fino a dopo le elezioni di midterm a novembre per annunciare eventuali accuse contro Donald Trump, sia in relazione alla perquisizione nella sua residenza in Florida, sia rispetto all'altra indagine sul tentativo di ribaltare i risultati del voto del 2020. Lo riferiscono fonti informate all'agenzia Bloomberg.

Di norma il dipartimento di giustizia evita di intraprendere azioni investigative o presentare accuse a ridosso di un'elezione e aiutare o ostacolare un candidato o un partito, a partire da 60 giorni prima delle elezioni.

In questo caso si tratterebbe del 10 settembre quindi, secondo le fonti, è probabile che nulla sarà annunciato fino a dopo l'8 novembre.

Alcune eccezioni

Negli ultimi anni, tuttavia, il dipartimento non ha seguito questa politica in almeno due casi. Pochi giorni prima le presidenziali del 2016, l'allora direttore dell'Fbi James Comey annunciò la riapertura dell'indagine sull'uso di un server di posta elettronica privato da parte di Hillary Clinton.

E nel 2020, l'allora procuratore generale William Barr annunciò che funzionari del dipartimento potevano fare annunci pubblici e aprire indagini in merito a casi di frode elettorale, una mossa vista come un'amplificazione della narrativa di Donald Trump.

Nuovo accordo: Trump deve presentare documenti fiscali

C'è anche una nuova batosta. La commissione di sorveglianza della Camera Usa ha annunciato di aver raggiunto un accordo con il tycoon per la consegna di una serie di documenti finanziari, oggetto di un contenzioso che va avanti dal 2019. Lo riporta la Cnn.

In base all'intesa, la società di contabilità della Trump Organization, la Mazars, deve presentare le carte tra cui anche le dichiarazioni fiscali.

«L'ex presidente Trump ha accettato di non ricorrere in appello e Mazars Usa ha accettato di rispettare l'ordine del tribunale e presentare i documenti il più rapidamente possibile», si legge in una nota della Commissione.

Anche gli avvocati sono a rischio

Due avvocati di Trump potrebbero diventare testimoni o addirittura bersagli di un'inchiesta governativa sull'ostruzione di un'indagine dell'Fbi riguardo i documenti riservati sequestrati a Mar-a-Lago.

Secondo quanto riferiscono i media Usa, Christina Bobb ed Evan Corcoran sono finiti nel mirino per aver detto agli agenti dell'Fbi di aver consegnato tutti i documenti riservati quando in realtà molti erano rimasti in possesso di Trump.

In particolare, sotto i riflettori ci sarebbe un episodio avvenuto il 3 giugno quando, secondo le carte depositate in tribunale dal dipartimento di Giustizia, il capo del controspionaggio del dipartimento di Giustizia Jay Bratt e tre agenti del Bureau si sono recati a Mar-a-Lago per raccogliere i documenti richiesti.

I due avvocati hanno consegnato del materiale e poi sottoscritto una dichiarazione assicurando di aver ottemperato a una citazione del gran giurì, cosa che successivamente si sarebbe dimostrata falsa.

Lindsey Graham dovrà testimoniare

Il senatore repubblicano Lindsey Graham, tra i più stretti alleati di Donald Trump, dovrà testimoniare davanti al gran giurì in Georgia nell'ambito dell'inchiesta sul tentativo dell'ex presidente di ribaltare il risultato delle elezioni del 2020 nello Stato. Lo riportano i media americani.

Un giudice federale ha infatti respinto il suo ennesimo ricorso contro il mandato di comparizione emesso dalla procuratrice Fani Willis. Davanti al gran giurì sono di recente comparsi altri due stretti collaboratori di Trump, l'ex avvocato John Eastman e Rudy Giuliani.

Nessuno «special master»

La giudice Aileen Cannon ha rinviato, dopo l'udienza di giovedì, la decisione sulla richiesta di Donald Trump di nominare uno ‹special master› per esaminare i documenti in gran parte classificati sequestrati dall'Fbi nella sua residenza di Mar-a-Lago e ottenere la restituzioni di quelli non pertinenti all'inchiesta.

Una istanza cui il dipartimento di giustizia si oppone.