BrasileLula torna presidente: «Hanno cercato di seppellirmi vivo, ma sono risorto»
SDA
31.10.2022 - 07:47
Luiz Inacio Lula da Silva ce l'ha fatta, ha battuto per un soffio il suo avversario Jair Bolsonaro, che rimane in silenzio. Lula sarà presidente del Brasile per la terza volta, in quella che i commentatori già definiscono «una vittoria storica». Ma il Paese esce dalle urne spaccato, esausto dopo una campagna elettorale di due mesi, la più polarizzata dalla dittatura.
Keystone-SDA
31.10.2022, 07:47
31.10.2022, 07:49
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Fino alla fine è stata una sfida all'ultimo voto, funestata dal caos nel trasporto pubblico, con molti elettori che in varie città del Paese non hanno avuto accesso gratuito ai mezzi, oppure sono stati bloccati dalle forze dell'ordine, fedeli in alcuni Stati al presidente uscente Bolsonaro, per dei controlli di identità che avevano lo scopo di rallentarne l'arrivo agli uffici elettorali, in un ballottaggio al veleno che ha rischiato di pesare sui suffragi.
Lula vince con oltre 2 milioni di voti di scarto
Il Tribunale superiore elettorale (Tse) ha ufficializzato la vittoria, col 98,86% del totale delle sezioni scrutinate, quando Lula aveva totalizzato il 50,83% dei voti (59'596'247), contro il 49,17% del presidente di destra, Jair Bolsonaro (57'675'427).
Il Tse ha pubblicato durante la notte i risultati definitivi, al 100% dei voti espressi. L'ex presidente Lula ha ottenuto 60'345'999 voti, equivalenti al 50,90% del totale, mentre Bolsonaro ne ha ricevuti 58'206'354 (49,10%).
I voti validi sono stati 118'552'353 (95,41%), le schede bianche 1'769'678 (1,43%) e le nulle 3'930'765 (3,16%). I dati elettorali mostrano infine che Lula si è imposto in 13 Stati brasiliani, e Bolsonaro in 14.
Lula: «Hanno cercato di seppellirmi vivo»
«E' una vittoria della democrazia», ha detto il leader di sinistra salutando quanti hanno accolto il risultato con fuochi artificiali, grida di gioia, lacrime e caroselli in auto. Con l'avenida paulista che attende il nuovo presidente per i festeggiamenti notturni.
«Hanno cercato di seppellirmi vivo» ma «ho avuto un processo di resurrezione nella politica brasiliana. Sono qui per governare il Paese in un momento molto difficile, ma riusciremo a trovare le risposte».
«Non è una vittoria mia o del mio partito, ma di un immenso movimento democratico», ha aggiunto Lula. «La maggioranza del popolo ha lasciato detto chiaro che desidera più democrazia e non meno. Vuole più libertà, più uguaglianza e più fraternità», ha continuato l'ex sindacalista, che ha iniziato il suo discorso «ringraziando Dio per avermi permesso di uscire da dove sono uscito e arrivare dove sono arrivato».
«Dal primo gennaio governerò per tutti i brasiliani e non solo per quelli che mi hanno votato. È tempo di riunire la famiglia. A nessuno interessa vivere in un Paese perennemente in guerra. È tempo di deporre le armi».
Le promesse del presidente
In una conferenza stampa dopo la vittoria al ballottaggio, Lula da Silva ha promesso che tornerà a far avvicinare il Paese alla comunità internazionale promuovendo partenariati e un commercio globale «più equo».
«Il Brasile è tornato: è troppo grande per essere relegato a questo ruolo di paria nel mondo», ha detto l'ex sindacalista, che poi ha criticato «gli accordi commerciali che condannano il Paese ad essere un eterno esportatore di merci e materie prime», in un possibile velato riferimento al trattato tra Ue e Mercosur.
Lula da Silva si è anche espresso sull'ambiente: il Brasile è «pronto per lottare contro la crisi climatica e per la deforestazione zero dell'Amazzonia», ha detto. «Il pianeta ha bisogno di una Amazzonia viva: un albero in piedi vale più di tonnellate di legname estratto illegalmente», ha aggiunto l'ex sindacalista, annunciando che il suo governo «riprenderà la vigilanza sull'Amazzonia e combatterà tutte le attività illegali».
«Si può generare ricchezza senza distruggere l'ambiente», ha continuato Lula, sottolineando di essere aperto alla cooperazione internazionale per l'Amazzonia «ma senza rinunciare alla sovranità».
Bolsonaro non parla
Sconfitto al ballottaggio, il presidente uscente Jair Bolsonaro, sta finora mantenendo il silenzio senza pronunciarsi sul risultato delle elezioni.
Il leader di destra «si è isolato» nel palazzo presidenziale a Brasilia e «non risponde alle telefonate di nessun alleato politico», hanno riferito ai media alcuni suoi collaboratori.
Nessuna dichiarazione neanche da parte dei suoi figli, in particolare di Eduardo Bolsonaro, che cura la sua comunicazione sui social, sottolinea la stampa locale.
Ritono vincente dopo 12 anni di assenza
Nei due mesi spesi a convincere i brasiliani battendo le piazze del colosso sudamericano da nord a sud, l'ex operaio diventato presidente non ha perso occasione per chiedere di far prevalere un modello progressista per il Paese, per riportarlo nell'orbita delle relazioni internazionali («ora è più isolato di Cuba»), per riaccendere l'attenzione sugli indigenti («33 milioni soffrono la fame»), per arrestare lo sterminio degli indigeni e lo smantellamento delle foreste dell'Amazzonia.
Una rivincita per Lula, dopo dodici anni di assenza, quando l'inchiesta Lava Jato, la mani pulite brasiliana lo travolse facendolo finire in carcere per 18 mesi. E un record negativo per Bolsonaro, l'unico presidente a non aver ricevuto la riconferma alla seconda candidatura, in un inedito scontro tra un capo di Stato ed un ex presidente.
Dal primo gennaio (data di inizio del nuovo mandato) starà a Lula pacificare il Paese, dove il bolsonarismo ha ormai raggiunto i gangli della società, ma i due mesi di transizione da qui ad allora non si annunciano facili.
Bolsonaro contesterà la vittoria?
Visto il margine ristretto, il rischio e il timore di molti è che il presidente uscente possa contestare il risultato elettorale, o comunque gettare benzina sul fuoco, incendiando le piazze, in una riedizione di quanto già visto con Donald Trump e la folla che invase Capitol Hill a Washington.
D'altra parte non sarebbe la prima volta che nel gigante sudamericano i risultati elettorali vengono messi in discussione. Accadde anche a Dilma Roussef, compagna di partito di Lula, nell'ottobre 2014, quando il suo avversario, il conservatore Aecio Neves (Psdb) contestò la sua vittoria al secondo turno, allungando il sospetto di frodi e manipolazioni.
L'ex capitano dell'Esercito nei due mesi di campagna elettorale si è scagliato senza tregua contro il Tribunale superiore elettorale e la sua guida, il giudice Alexandre de Moraes, mettendo in dubbio la trasparenza e la legittimità dell'organismo democratico. Ma non finisce qui.
Nel periodo di transizione il presidente uscente potrebbe varare misure provvisorie ad effetto immediato (con la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale), per allentare ad esempio la liberalizzazione della vendita delle armi, accrescendo così il rischio di violenza politica.
Le congratulazioni internazionali
Tutte preoccupazioni che comunque non hanno intaccato i festeggiamenti dei sostenitori, per quella che il New York Times e gli osservatori politici definiscono una vittoria per l'Amazzonia depredata, per i popoli indigeni umiliati, per le fasce più povere, e per tutti quelli che nei quattro anni del governo Bolsonaro non si sono mai identificati col suo progetto basato su Dio, patria e famiglia.
E subito si sono congratulati i leader dell'America Latina, dal colombiano Gustavo Petro all'argentino Alberto Fernandez così come hanno salutato con gioia il ritorno di Lula il francese Emmanuel Macron e lo spagnolo Pedro Sanchez. «Lavoreremo insieme per continuare la cooperazione fra i nostri due paesi nei mesi e negli anni a venire», ha affermato il presidente Usa Joe Biden.