Gran Bretagna May: «Un terzo voto sulla Brexit solo se c'è sostegno»

ATS

23.3.2019 - 08:17

Theresa May non esclude di poter rinunciare la settimana prossima a un terzo voto di ratifica dell'accordo sulla Brexit, raggiunto con Bruxelles a novembre e già bocciato due volte, laddove dovesse «apparire che non c'è sufficiente sostegno» alla Camera dei Comuni.

Lo scrive la stessa premier britannica in una lettera inviata a tutti i deputati, in cui ricapitola le opzioni a disposizione del Regno Unito dopo il rinvio limitato concesso dal vertice Ue. Nel testo fa poi un passo indietro rispetto alle accuse al Parlamento del suo discorso alla nazione di venerdì.

Nella lettera, diffusa in tarda serata, May rammenta come il Consiglio europeo abbia accordato una proroga della Brexit dal 29 marzo al 22 maggio, a patto che nel frattempo la Camera dei Comuni approvi l'accordo; o altrimenti un mini rinvio fino al 12 aprile affinché Londra indichi una nuova strada nel caso in cui l'intesa non passi.

«Le decisioni del Consiglio – scrive – significano che abbiamo dinanzi una scelta chiara: 1: Possiamo revocare l'articolo 50, ma sarebbe un tradimento del risultato del referendum. 2: Possiamo uscire senza accordo (no deal), ma la Camera ha detto in precedenza che questo è qualcosa che non sostiene. 3: Se dovesse apparire che non c'è sufficiente sostegno a riproporre l'accordo la prossima settimana, o la Camera lo rigettasse di nuovo, potremmo chiedere un'altra estensione entro il 12 aprile, ma partecipando alle elezioni europee. 4: Se dovesse apparire che c'è sufficiente sostegno e se lo speaker lo permetterà, potremmo riproporre l'accordo la prossima settimana e, se approvato, uscire poi il 22 maggio». In ogni caso si tratta di «decisioni cruciali», prosegue la premier, dichiarandosi disposta al confronto in questi giorni.

Quanto alle polemiche sul discorso di venerdì, in cui ha contrapposto Westminster al popolo, May ammette d'aver «causato inquietudini fra diversi colleghi». E, pur senza scusarsi esplicitamente, riconosce «il difficile lavoro» dei deputati impegnandosi a «non renderlo ancor più difficile».

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