A GranadaVertice UE: Meloni ricuce con Scholz, strappo di Polonia e Ungheria
SDA
6.10.2023 - 21:09
In bilico tra l'asse franco-tedesco e gli alleati di Visegrad, tra l'europeismo di sistema e la frangia che, su alcuni temi, ha scelto da tempo una via ostinata e contraria rispetto a quella brussellese. L'andalusa Granada per la premier italiana Giorgia Meloni si trasforma in un nuovo palco per ribadire il «primo obiettivo» del governo sulla migrazione: «Combattere i trafficanti».
Keystone-SDA
06.10.2023, 21:09
SDA
Ma diventa anche una nuova tappa del suo percorso europeo, tra dialogo e linea dura. Al vertice informale dei 27 paesi membri dell'Ue, non a caso, la presidente del Consiglio ha ricucito con il cancelliere tedesco Olaf Scholz, aprendo un'ulteriore porta alla strategia italiana sul blocco delle partenze. E allo stesso tempo ha assolto Polonia e Ungheria, che con il loro veto hanno reso monca la Dichiarazione di Granada.
Il vertice doveva essere innanzitutto quello dell'agenda strategica dell'Ue e del dossier allargamento. Ma a dominare, alla fine, è stato il tema della migrazione. Con la spinta decisiva di Meloni. La premier, di prima mattina, ha visto il primo ministro polacco Mateusz Morawiecki.
Qualche ora dopo, nel Palazzo dei Congressi di Granada, ha avuto luogo l'incontro più atteso, quello con il cancelliere tedesco. Un incontro di 45 minuti che, dopo il lungo scontro su organizzazioni non governative (ong) attive nel Mediterraneo e regolamento delle crisi, si è posto almeno come una tregua tra Roma e Berlino.
«Scholz è d'accordo sulla strategia italiana in Tunisia»
«Scholz è d'accordo sulla strategia italiana in Tunisia», ha sottolineato Meloni derubricando le obiezioni tedesche sul rispetto dei diritti dei profughi da parte del governo tunisino di Kais Saied. E Scholz, in conferenza stampa, ha confermato il riavvicinamento.
«Con Meloni ci siamo compresi, siamo pragmatici, non lavoriamo gli uni contro gli altri», ha spiegato il cancelliere precisando che, sui finanziamenti alle ong, non ha deciso lui ma il Bundestag, cioè il parlamento.
Parole al miele insomma, che non possono però prescindere da un dato: al governo, in Germania, non c'è solo il Partito socialdemocratico (Spd). Le posizioni dei Verdi sono ben diverse e di certo lontanissime da quelle italiane.
E il clima potrebbe tornare freddo fra qualche settimana, in occasione della revisione del bilancio pluriennale: i tedeschi sono infatti molto scettici sulla proposta di Ursula von der Leyen di mettere 15 miliardi di euro (14,35 miliardi di franchi) in più sul fronte migrazione.
«Concordo sulle nuove risorse se andranno non al capitolo migranti ma all'Africa, ad una partnership complessiva», ha osservato la premier.
L'iniziativa UE coi Paesi africani prende vigore
Di certo, a Granada, l'iniziativa dell'Ue con i paesi africani sul modello tunisino ha ripreso vigore. È stato il volano che ha unito giovedì attorno allo stesso tavolo Italia, Gran Bretagna, Albania, Paesi Bassi, Francia e Commissione europea a margine del vertice della Comunità politica europea. Ed è, secondo Meloni, una strategia su cui concordano tutti.
«Non permetteremo ai contrabbandieri di decidere chi entra nell'Ue», si legge nella dichiarazione del presidente del Consiglio europeo Charles Michel allegata a quella di Granada. Già, perché come era accaduto a giugno, Michel è tornato ad intervenire dopo che Varsavia e Budapest avevano annunciato il veto al capitolo migrazione. Con la motivazione di volere l'unanimità delle decisioni sul dossier e con toni a dir poco bellicosi.
«Polonia e Ungheria sono state legalmente stuprate» sui migranti, è stata la provocazione del premier magiaro Viktor Orban. «Il Patto dei migranti lo respingo, la Polonia è e rimarrà sicura sotto il governo del Pis», il partito di destra Diritto e Giustizia, ha avvertito Morawiecki ad una settimana dalle elezioni polacche.
Un patto per ora senza alcuna svolta
Il rischio, per Meloni, è che la riottosità dei suoi alleati aumenti con l'avvicinarsi delle elezioni europee. Per ora la leader di Fratelli d'Italia (FdI) si mantiene a metà strada, spiegando di «comprendere» le posizioni di Polonia e Ungheria, che comunque non mettono in pericolo il Patto sulla migrazione. Un Patto sul quale Meloni, al pari dei suoi alleati europei, non vede comunque alcuna svolta.
«L'abbiamo votato perché migliora le regole ma non è la nostra priorità», ha puntualizzato la premier. Che non ha certo la stessa fretta dei vertici dell'Ue sull'ok al pacchetto legislativo: «Non importa quanto tempo servirà – ha detto – ma è necessaria una soluzione strutturale». Che è quella di fermare i flussi.