Alexei Navalny andrà in Germania per essere ricoverato all'ospedale specializzato Charité di Berlino. È l'ultimo colpo di scena di una giornata a tratti surreale, di quelle che in Russia non si vedevano da anni.
Probabilmente dall'omicidio di Boris Nemtsov, avvenuto nel 2015 a due passi dal Cremlino. I medici dell'ospedale N. 1 di Omsk, dove il principe degli oppositori russi è ricoverato da giovedì mattina, hanno infatti dato il loro consenso al trasferimento via avio-ambulanza dopo averlo negato per tutto il giorno, nonostante le insistenze della moglie Yulia, che anche questa volta si è battuta come una leonessa al fianco dei vertici del Fondo anti-corruzione creato dall'ex blogger. «Spiace che abbiano perso tutto questo tempo, l'aereo e i documenti erano pronti da questa mattina», ha scritto su Twitter la portavoce del Fondo e assistente di Navalny, Kira Yarmush.
A sbloccare la situazione è stato forse l'appello pubblico firmato da Yulia in cui chiedeva a Vladimir Putin in persona di lasciar partire il marito. Il Cremlino – come ha sottolineato più volte Dmitry Peskov, il capo dell'ufficio stampa – non aveva nulla in contrario ma erano i dottori a dover «prendere la decisione». O almeno, questa la versione pubblica. Come siano andate davvero le cose è ancora tutto da scrivere. Di certo c'è che l'ospedale dove si trova Navalny trabocca di poliziotti e funzionari non meglio identificati (nonostante ufficialmente non sia stata aperta nessuna indagine criminale) e Yulia ha fatto fatica persino a vedere il marito. Le informazioni ufficiali sono state poi caotiche, a dir poco.
Già in mattinata il vice primario Anatoly Kalinichenko aveva annunciato che le analisi «escludevano il veleno» e che i medici stavano lavorando «a cinque diagnosi». Ma di non poterle comunicare. Peccato che, stando al direttore del Fondo anti-corruzione Ivan Zhdanov, poco prima un agente della polizia dei trasporti aveva affermato che sul corpo di Navalny era stata trovata «una sostanza letale» che metteva in pericolo «la vita di Alexei e di tutti quelli che lo circondavano, tanto da dover indossare tute protettive».
E questo era uno dei motivi per cui non si poteva autorizzare il trasferimento di Navalny in Germania. Poco dopo, però, il quadro cambia ancora. La tossina scompare e appare invece una sostanza chimica di tipo industriale usata «nei bicchieri di plastica», rinvenuta non nei tessuti ma sulla «superficie della pelle, nei vestiti, sulle unghie». Rilievo sulla diagnosi? Zero. Alla fine infatti il plotone di medici consegna il verdetto: a causare il malore e il successivo coma sarebbe stato «un disturbo dell'equilibrio dei carboidrati, cioè un disordine metabolico, forse causato da un improvviso calo dei livelli di zucchero nel sangue».
Affermazioni che hanno causato la rabbia e l'incredulità del medico dell'oppositore, Anastasia Vasilyeva (capo della sigla sindacale dei medici russi). «Ci prendono per idioti. Usano furbe frasi generiche ma non sono in grado di stabilire la causa del suo coma o di offrire una diagnosi: vogliono aspettare tre giorni così che il suo fisico espella il veleno e non si possa più individuare».
La pressione, però, aumenta. Gli occhi del mondo sono fissi su Omsk. Berlino dice di seguire «con sgomento il caso» come altre capitali del mondo. Anche il ministro degli Esteri italiano Luigi Di Maio fa sentire la sua voce chiedendo «rapida chiarezza su quanto accaduto». L'entourage di Navalny si rivolge poi alla Corte europea dei diritti dell'uomo. Yulia chiede per l'ennesima volta di poter assumersi la responsabilità della scelta, forte a quanto pare di un parere positivo degli specialisti tedeschi, ai quali è stato dato il permesso di visitare (brevemente) Navalny. Insomma, andare avanti con la linea del no iniziava ad essere controproducente. L'aereo, stando alle ultime informazioni, dovrebbe partire nella notte.
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