Anniversario dell'indipendenzaI golpisti del Niger: «Non cederemo». A Niamey in migliaia contro Parigi
SDA
3.8.2023 - 20:22
Nel giorno dell'anniversario dell'indipendenza dalla Francia, i sostenitori del golpe in Niger sono tornati a manifestare a migliaia, brandendo le bandiere e gli slogan pro-Putin e contro Parigi.
Keystone-SDA
03.08.2023, 20:22
03.08.2023, 20:33
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Forti delle parole del loro leader, il generale Tchiani che non intende mollare la presa e cedere a «nessuna pressione». Deciso a proseguire sulla sua strada nonostante il pressing internazionale, con il presidente americano Biden che ha reiterato un appello per il ritorno di Bazoum. E con la scadenza dell'ultimatum dell'Ecowas, che ha minacciato anche l'uso della forza in ultima ratio, ormai in scadenza.
Una delegazione della organizzazione dei Paesi dell'Africa occidentale è intanto a Niamey con una missione – affidatagli dal suo presidente, il nigeriano Bola Tinubu – «di fare di tutto per risolvere la crisi».
Nella capitale nigerina non ci sono state le temute scene di domenica scorsa ma la tensione è rimasta alta per tutta la giornata, con i manifestanti davanti all'ambasciata francese e i principali canali d'oltralpe – F24 e radio Rfi – messi fuori gioco.
I manifestanti hanno risposto all'appello dell'M62, una coalizione di organizzazioni della società civile di ispirazione sovranista, nel giorno del 63/o anniversario dell'indipendenza: «Abbasso la Francia», «Viva la Russia, viva Putin», sono stati alcuni degli slogan scanditi dalla folla rilanciando l'ombra della Wagner.
La Casa Bianca intanto ha annunciato che il presidente Joe Biden ha chiesto l'immediato rilascio di Bazoum. Ma, quasi in un botta e risposta, il leader della giunta militare golpista, Abdourahmane Tchiani, in tv ha assicurato che il suo governo non cederà né alle pressioni regionali né a quelle internazionali per il ritorno del deposto capo di Stato. Le sanzioni imposte dalla Comunità degli Stati dell'Africa occidentale (Ecowas), sono «illegali, ingiuste e disumane», ha poi protestato dando l'idea, fa notare un diplomatico, che le misure iniziano già a mordere.
La tensione cresce mentre si avvicina il termine dell'ultimatum – sette giorni – lanciato domenica scorsa, e quindi in scadenza sabato, dalla Comunità economica degli Stati dell'Africa occidentale (Ecowas). L'intervento militare in Niger sarebbe solo «l'ultima opzione sul tavolo» per reinstaurare Bazoum, ha comunque dichiarato il Commissario per gli Affari politici e la sicurezza dell'Ecowas, Abdel-Fatau Musah, aggiungendo però che «dobbiamo essere preparati a questa eventualità». E anche il Senegal ha annunciato di essere pronto a schierarsi militarmente contro questo «colpo di Stato di troppo» nella regione: dal 2020, tre dei vicini del Niger – Mali, Burkina Faso e Guinea – hanno subito cinque golpe.
In questo clima, Washington – che in Niger ha circa 1.100 militari e una grande base di droni – ha ordinato la partenza del personale non-essenziale dell'ambasciata degli Stati Uniti a Niamey. La Francia ha concluso l'evacuazione di 577 suoi cittadini iniziata martedì facendo rientrare anche cittadini di altre nazioni per un totale di oltre mille persone.
L'Unione europea, nel chiedere attraverso il suo Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza Josep Borrell «l'immediato rilascio del presidente» nigerino, ha denunciato che le sue «condizioni di detenzione sono sempre più preoccupanti».