GeopoliticaNove paesi scrivono all'UE: basta alla «strumentalizzazione dei migranti»
SDA
12.8.2021 - 20:53
I ministri dell'interno di nove Stati membri hanno scritto a Bruxelles per «arrestare l'uso politico dei migranti» come arma di ricatto «geopolitica» nei confronti dell'Unione europea.
12.08.2021, 20:53
12.08.2021, 21:53
SDA
Una «tendenza» sempre più «emergente», «da invertire», si afferma nella missiva datata 9 agosto, che getta le basi per una discussione alla videoconferenza ministeriale di mercoledì prossimo, convocata d'urgenza dalla presidenza di turno slovena di fronte alla crisi dei migranti alle frontiere della Lituania.
A firmare il documento, indirizzato al vicepresidente Margaritis Schinas e ai commissari agli affari interni Ylva Johansson e all'allargamento Olivier Varhely, sono stati i responsabili di Austria, Belgio, Cipro, Repubblica Ceca, Germania, Danimarca, Grecia, Lituania e Olanda.
«Mentre accogliamo con grande favore gli sforzi» dell'Esecutivo comunitario – scrivono – «crediamo fortemente che occorra assicurare che questa tendenza sia invertita».
In ordine temporale l'ultimo caso è quello della Bielorussia, col regime di Alexander Lukashenko che in risposta alle sanzioni dei 27, da giugno ha iniziato a far arrivare richiedenti asilo con voli speciali dall'Iraq a Minsk, per poi facilitarne l'arrivo nell'Ue attraverso le frontiere di Lituania, Lettonia (da pochi giorni anche Riga, dopo Vilnius, ha chiesto lo stato d'emergenza) e Polonia.
Ma solo un mese prima, a maggio, 5'000 migranti nordafricani erano entrati illegalmente, in sole 24 ore, a Ceuta, enclave spagnola nel continente africano. Un episodio poi interpretato come una ritorsione del governo di Rabat contro la decisione di Madrid di accogliere per cure mediche un leader del Fronte Polisario, il movimento politico e militare che da oltre 40 anni chiede al governo centrale marocchino l'indipendenza del territorio del Sahara Occidentale.
Per non parlare poi della Turchia di Recep Tayyip Erdogan, il primo ad usare la «tattica» delle minacce e del ricatto durante la crisi dei rifugiati mediorientali (soprattutto siriani e afghani) del 2015-2016, quando oltre un milione di richiedenti asilo bussarono alle porte dell'Europa.