Donald Trump può sbandierare un nuovo, temporaneo successo di politica internazionale a nove giorni dal voto: dopo la mediazione Usa, Armenia e Azerbaigian si sono nuovamente impegnati a rispettare dalle 08.00 locali di lunedì un «cessate il fuoco umanitario».
Nell'autoproclamata repubblica del Nagorno-Karabakh, in oltre tre settimane sono morte più di 4000 persone, secondo il leader del Cremlino Vladimir Putin.
L'annuncio è stato dato dal dipartimento di Stato Usa in un comunicato congiunto con i governi di Ierevan e Baku, dopo alcuni giorni di negoziati a Washington.
Il vicesegretario di stato americano Stephen Biegun aveva incontrato sabato i ministri degli esteri dei due Paesi, rispettivamente Zohrab Mnatsakanyan e Jeyhun Bayramov, che il giorno prima erano stati ricevuti separatamente da Mike Pompeo. Trump era stato perentorio, voleva un successo diplomatico entro il weekend.
Non è la prima volta che Ierevan e Baku si impegnano ad una tregua ma essa finora non ha tenuto. La dichiarazione congiunta sottolinea che i due ministri hanno «ribadito l'impegno dei loro Paesi ad attuare e rispettare il cessate il fuoco umanitario concordato a Mosca il 10 ottobre.
Washington, insieme a Parigi e Mosca, fa parte del cosiddetto gruppo di Minsk formato in seno all'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione europa (Osce) per mediare in questo conflitto congelato nell'ex Urss, nella regione montagnosa dell'Azerbaigian controllata dai separatisti armeni sostenuti da Ierevan.
Ancora un volta gli Usa cercano di ritagliarsi il ruolo di facilitatori di pace, come stanno facendo in Medio Oriente tessendo accordi per la normalizzazione dei rapporti tra Israele e i Paesi arabi. Ma nulla appare possibile nell'orto di casa di Putin senza la sua regia e la sua volontà.
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