Regno Unito Successione di Truss, sfida tra Sunak e Johnson

SDA

22.10.2022 - 21:29

Prende le forme di un testa a testa politicamente lacerante fra Rishi Sunak e il cavallo di ritorno Boris Johnson – se non salterà fuori un compromesso dell'ultimo minuto a dispetto di tanti risentimenti personali – la partita interna ai Tories per dare un nuovo leader alla forza di maggioranza nel Parlamento britannico.

Rishi Sunak e Minister Boris Johnson nel 2021.
Rishi Sunak e Minister Boris Johnson nel 2021.
KEYSTONE/Jessica Taylor/UK Parliament via AP

Keystone-SDA

E per dare un nuovo primo ministro, il terzo in 3 anni scarsi di legislatura, al Regno (dis)Unito del dopo Brexit, diventato frattanto orfano anche di Elisabetta II.

Una corsa nella quale il primo ad allungare il passo si conferma sabato Sunak, 42 anni, giovane brexiteer pragmatico di radici familiari indiane: pronto a entrare ufficialmente in lizza per la successione a Liz Truss – travolta dal caotico epilogo d'una premiership durata meno di due mesi, la più disastrosamente breve della storia d'oltre Manica – dopo essere stato sconfitto dalla stessa Liz dal voto di ballottaggio tra gli iscritti solo una mezza dozzina di settimane orsono, ma aver previsto allora nei dettagli il fallimento delle ricette economiche libertarie della rivale.

Mentre l'ombra di Johnson si concretizza come quella del nuovo/vecchio avversario di turno, sulle ali dell'annunciatissimo ritorno anticipato dell'ex premier a Londra da una vacanza familiare caraibica nella Repubblica Dominicana.

Sunak conferma la discesa in campo

Sunak, ex cancelliere dello Scacchiere nella stagione segnata dall'emergenza della pandemia di Covid, ma poi accoltellatore di Johnson durante la crisi estiva sfociata nell'addio (o arrivederci) di Boris da Downing Street del 6 settembre scorso, è il secondo pretendente a confermare la discesa in campo.

Ma a differenza dell'outsider Penny Mordaunt, che lo ha preceduto venerdì, ha già in cassaforte il sostegno di ben più di 100 deputati Tory dei 357 che compongono il gruppo a Westminster. Quindi oltre la soglia del quorum rafforzato imposto questa volta per entrare formalmente in gara lunedì.

Il suo messaggio di queste ore è all'insegna della novità nella continuità; di una promessa competenza senza colpi di testa, di garanzie di stabilità sperabilmente graditi ai mercati in vista della cruciale manovra finanziaria del 31 ottobre.

Sebbene anche lui abbia alle spalle un bagaglio politico, legato all'eredità controversa degli anni dell'era Johnson trascorsi al timone delle Finanze e del Tesoro; a qualche coinvolgimento pur marginale nei presunti scandali di Downing Street, alla sua ricchezza personale e ai privilegi fiscali della moglie miliardaria Akshata Murty, figlia ed ereditiera di uno dei businessman più facoltosi di tutta l'India.

Johnson potrebbe non portare stabilità

Il guanto di sfida è comunque lanciato. E una maggioranza di parlamentari conservatori è pronta a raccoglierla positivamente: inclusi ex fedelissimi di BoJo come Dominic Raab, vicepremier fino al 6 settembre o come lord David Frost, già negoziatore e poi ministro del post Brexit, stando ai quali Rishi in questa fase è la carta più sensata, se non l'unica, per cercare di restituire un minimo di quiete al Paese.

E ridare ossigeno a un Partito Conservatore minacciato di liquefazione dagli ultimi sondaggi, in caso di elezioni anticipate, anche contro un Labour non certo trascinante come quello guidato da Keir Starmer.

Se non altro per la spada di Damocle dell'inchiesta parlamentare che tuttora incombe entro dicembre sul grande ex – ingombrante quanto divisivo sulla carta -, che se giudicato colpevole d'aver a suo tempo mentito al Parlamento sul cosiddetto Partygate si ritroverebbe poi costretto a dimettersi di nuovo come in un circo impazzito.

BoJo rimane in silenzio

Lo spettro di Boris resta tuttavia per ora all'orizzonte. Nel silenzio ufficiale, rotto privatamente dopo il rientro precipitoso in patria da colloqui con alleati che lo dicono pronto alla battaglia in barba a tutte le pressioni; mentre più di 50 deputati – inclusi ministri o ex ministri come Jacob Rees-Mogg, Priti Patel o Ben Wallace – sono schierati pubblicamente a favore d'una sua seconda chance.

Segnale di tendenza verso il raggiungimento entro la scadenza di lunedì pomeriggio di quella quota 100 (già in tasca sotto traccia, a dar retta alle contestate anticipazioni dell'entourage) oltre cui, salvo ricomposizioni in extremis con Sunak, la spaccatura d'un ballottaggio diverrebbe di nuovo inevitabile dinanzi alla base militante: terreno propizio, pronostici alla mano, all'azzardo di un Johnson bis.