Stati Uniti La svolta verde di Biden: «Il clima è un problema di sicurezza nazionale»

SDA

28.1.2021 - 09:43

Joe Biden, in un'immagine d'archivio
Joe Biden, in un'immagine d'archivio
KEYSTONE/AP/Patrick Semansky

La lotta ai cambiamenti climatici è una questione di sicurezza nazionale secondo il presidente statunitense Joe Biden, che propone un'audace svolta ecologica al Paese, scatenando l'ira dell'industria petrolifera. Torna in pista John Kerry.

La lotta ai cambiamenti climatici è una priorità assoluta se si vuole evitare una catastrofe sanitaria ed economica. Dunque servono misure efficaci ed adeguate, anche per recuperare il tempo perduto e il terreno perso negli ultimi quattro anni.

Joe Biden lo mette nero su bianco e, attraverso una nuova raffica di decreti, lancia un piano d'azione che rappresenta una svolta, una chiara inversione di rotta rispetto alla strada imboccata da Donald Trump.

Non solo, sul fronte del taglio delle emissioni e della salvaguardia dell'ambiente il neopresidente degli Stati Uniti punta a traguardi persino più ambiziosi dell'amministrazione Obama, per attuare quel New Green Deal promesso in campagna elettorale.

Dunque, stop alle nuove trivellazioni per estrarre gas e petrolio, stop ai sussidi per l'industria petrolifera, regole più stringenti per ridurre le fonti di inquinamento atmosferico, sostituzione delle vecchie auto blu con veicoli elettrici. Questo tanto per cominciare.

Poi è in arrivo una task force alla Casa Bianca per coordinare tutte le decisioni in materia di "climate change", il cambiamento climatico, mentre sarà ripristinato il Consiglio degli esperti del presidente su scienza e tecnologia che era stato spazzato via da Trump.

Il ritorno di John Kerry

Due le figure chiave, lo zar e la zarina del clima: John Kerry, che si occuperà dell'azione degli Stati Uniti nel contesto internazionale, e Gina McCarthy, a cui faranno capo le iniziative a livello nazionale. «Il fallimento non è assolutamente un'opzione e il 2021 sarà l'anno per recuperare il tempo perduto e riparare i danni degli ultimi quattro anni», ha affermato Kerry nel suo ruolo di inviato speciale del presidente.

Ha inoltre spiegato come le 17 agenzie federali dell'intelligence Usa lavoreranno assieme per valutare quali sono esattamente i rischi per la sicurezza nazionale e internazionale posti dai cambiamenti climatici, sviluppando un piano finanziario globale. Kerry ha quindi auspicato anche un ritorno alla collaborazione con la Cina, come ai tempi dell'amministrazione Obama.

L'America di Biden, insomma, vuole tornate ad essere leader nel mondo nel combattere il fenomeno dei cambiamenti climatici. E, dopo il ritorno negli accordi di Parigi deciso il primo giorno della nuova presidenza, gli Usa sono pronti a ospitare un summit dei leader mondiali sul clima il prossimo 22 aprile, in occasione della giornata della Terra.

L'industria petrolifera replica ferocemente

La reazione dell'industria petrolifera non si è fatta attendere: «Faremo di tutto per combattere questa linea», ha minacciato Mike Sommers, il numero uno dell'Api (American Petroleum Insitute), la potente lobby che rappresenta gli interessi di settore.

L'ira di Big Oil è soprattutto per la decisione di congelare le nuove concessioni per l'estrazione di gas e petrolio su tutti i territori federali e al largo delle coste statunitensi. Una decisione che segue quella di bloccare le trivellazioni nell'Artico, a cui Trump aveva dato il via libera nei suoi ultimi giorni alla Casa Bianca. Senza parlare poi dello stop della nuova amministrazione al Keystone XL, il controverso oleodotto che parte dal Canada.

Biden ha quindi fissato i grandi traguardi a cui la sua amministrazione aspira: zero emissioni del settore della produzione elettrica entro il 2035 e la cosiddetta 'net zero economy' entro il 2050, per liberare il processo produttivo dalla dipendenza dai combustibili fossili. Al più presto partirà quindi uno studio coordinato dalla Casa Bianca per tracciare una road map dettagliata.

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