Rivelazioni in un libroTrump travolto dallo scandalo del Covid-gate
ATS
10.9.2020 - 20:02
Russiagate, Ucrainagate ed ora Covid-gate. Donald Trump vola in Michigan travolto da un nuovo scandalo, rivelato dal leggendario giornalista del Watergate Bob Woodward nel suo ultimo libro 'Rage' (rabbia).
A inizio febbraio il presidente gli confessò che era già a conoscenza della pericolosità del coronavirus, «cinque volte più mortale di un'influenza», ma che voleva minimizzarlo per non creare panico. «È solo un'influenza», continuò infatti a dire per un paio di mesi il tycoon. «Sparirà presto, forse con l'estate», profetizzò.
Ora gli Stati Uniti guidano la triste classifica mondiale della pandemia con oltre 190 mila vittime e quasi 6,5 milioni di casi in sei mesi, oltre ad aver subito una devastante frenata dell'economia. Il libro contiene altre rivelazioni, come quella su una sorta di inedita 'arma fine di mondo' da dottor Stranamore.
«Il più grande crimine presidenziale di sempre»
Ma è sul virus che manda a pezzi la narrativa di Trump e affossa la credibilità di un presidente davanti alla nazione con i 'nastri' delle 18 lunghe interviste rilasciate a Woodward tra dicembre e luglio.
«Lo ascoltiamo insabbiare questa grave emergenza nazionale. Questo forse è il più grande crimine presidenziale di sempre e abbiamo la pistola fumante della registrazione di un presidente che lo commette», ha denunciato Carl Bernstein, che con Woodward smascherò il Watergate.
Anche i dem vanno all'attacco. «Disgustoso, quasi criminale, ha mentito agli americani, la sua negligenza è costata vite umane e ha causato la recessione economica», ha tuonato Joe Biden, accusando il tycoon di aver voluto salvare Wall Street e i suoi amici ricchi. «Ha lasciato il nostro Paese esposto e impreparato», gli ha fatto eco la speaker della Camera Nancy Pelosi.
La replica di Trump: «Necessità di non creare allarmismo»
Non potendo smentire le registrazioni, Trump ha insistito sulla necessità di non creare allarmismo e su Twitter ha rivoltato la 'smoking gun' contro Woodward: «Aveva le mie dichiarazioni da molti mesi. Se pensava fossero così sbagliate o pericolose, perché non le ha immediatamente rese pubbliche per salvare vite umane? Non aveva un obbligo a farlo?
No, perché sapeva che erano risposte corrette e adeguate». Altri, anche nel mondo giornalistico, hanno sollevato lo stesso interrogativo, accusando il cronista di non aver pubblicato subito notizie di vitale importanza per vendere meglio il suo libro.
Woodward si è difeso in modo discutibile sostenendo che la sua intenzione era quella di fornire un «quadro completo» di una storia durata mesi, con il presidente che lo chiamava anche di notte. E che la scadenza che aveva in mente erano le elezioni, in modo che gli elettori potessero trarre il loro giudizio prima del 3 novembre.
Il giornalista ha aggiunto poi altri due motivi. Il primo è che quando raccolse le ammissioni del tycoon a inizio febbraio non conosceva la fonte delle sue informazioni, appresa solo in maggio (un briefing dell'intelligence a gennaio), e non c'era una situazione allarmante. Il secondo è che non sapeva, «come capita sempre con Trump», se fosse vero.
Presidente messo in imbarazzo anche su altri fronti
Il libro comunque mette in imbarazzo il presidente anche su altri fronti. Il tycoon ha rivelato a Woodward l'esistenza di un'arma senza precedenti: «Ho costruito un sistema nucleare... un'arma che nessuno ha mai avuto prima in questo Paese. Abbiamo qualcosa che non si è mai visto e sentito. Abbiamo qualcosa di cui Putin e Xi non hanno mai saputo», ha confidato, prendendo in contropiede il Pentagono.
Gli esperti si stanno interrogando su cosa possa essere la novità evocata dal tycoon. In maggio aveva sbandierato un missile «favoloso» che poteva viaggiare 17 volte più veloce di qualsiasi altra cosa a disposizione dell'arsenale Usa.
'Rage' contiene poi altre chicche. Come quando Trump paragona la chimica immediata con il dittatore nordcoreano Kim Jong-un a quella con una donna compiacente appena incontrata. O definisce i suoi «dannati generali» come «un branco di femminucce». O nega la necessità di sforzarsi come «bianco e privilegiato» per capire la rabbia e il dolore degli afroamericani.