Guerra in Ucraina Ucraina, Bennett vola da Putin, parte la mediazione di Israele

SDA

5.3.2022 - 20:45

La mossa a sorpresa del primo ministro israeliano Naftali Bennett apre la strada alla mediazione.
La mossa a sorpresa del primo ministro israeliano Naftali Bennett apre la strada alla mediazione.
Keystone

Il premier israeliano Naftali Bennett, il leader occidentale più cauto verso la Russia, è volato a a Mosca da Vladimir Putin per tentare una mediazione nel conflitto ucraino, in quella che e' la prima visita di un dirigente straniero al Cremlino dopo l'attacco a Kiev.

5.3.2022 - 20:45

Bennett ha prima avvisato la Germania, la Francia e naturalmente il suo principale alleato: gli Stati Uniti, dove nel frattempo Joe Biden risale nei sondaggi cercando di rassicurare il fronte orientale della Nato e di fare pressing sulla Cina.

Dopo la visita il leader israeliano ha telefonato al presidente ucraino Volodymr Zelensky ed è volato a Berlino per incontrare il cancelliere tedesco Olaf Scholz, dopoo aver sentito anche Emmanuel Macron, a conferma che probabilmente qualcosa si muove. Nel colloquio con Putin, durato tre ore e rivelato da fonti del Cremlino solo poco prima che finisse, è stato affrontato anche il possibile imminente accordo a Vienna sul nucleare iraniano, cui Israele si oppone.

La mossa del premier israeliano arriva in un momento in cui la diplomazia americana ed europea sembra incapace di trovare una exit strategy dopo che tutti i Paesi occidentali, anche se con intensità distinte, si sono schierati compatti a sostegno di Kiev, fornendo assistenza economica, militare e imponendo sanzioni economiche contro la Russia.

Pur non appartenendo né alla Ue né alla Nato, anche Israele è a tutti gli effetti considerata una nazione dello schieramento occidentale, soprattutto come alleato di punta degli Usa. Per questo finora il suo approccio di cauta condanna verso Mosca, glissando sulle sanzioni a Mosca e negando il trasferimento di armi a Kiev, ha suscitato malumori e perplessità sulle due sponde dell'Atlantico e in Ucraina.

Ma Israele è anche l'unico Paese occidentale che può vantare relazioni privilegiate sia con la Russia (per ragioni storiche, di immigrazione e del ruolo di Mosca come power broker in Medio Oriente) che con l'Ucraina (dove vive una comunità di circa 50.000 ebrei, tra cui lo stesso presidente Volodymyr Zelensky). Per questo ha cercato di mantenere un canale aperto con entrambe le parti.

Secondo la ricostruzione del giornalista Barak Ravid, Bennett avrebbe già proposto il suo ruolo di mediatore a Putin nel loro primo incontro a Sochi lo scorso ottobre ma lo 'zar' avrebbe rifiutato. Ora però il quadro è cambiato e nessun Paese sembra più equidistante di Israele. Secondo alcuni media, sarebbe stata Kiev a chiedere un maggiore ruolo israeliano come intermediario.

La guerra intanto spinge Biden, facendolo risalire nei sondaggi ai livelli precedenti la debacle in Afghanistan: secondo la rilevazione NPR/PBS NewsHour/Marist, il consenso complessivo per il presidente è schizzato al 47%, con un balzo di 8 punti rispetto ad un mese fa, e di ben 18 punti per la gestione della crisi ucraina, promossa dal 52% degli americani. Il presidente cerca ora di rassicurare il fianco orientale della Nato, inviando nell'Europa dell'est anche la sua vice Kamala Harris, dopo il segretario di stato Antony Blinken, che oggi in Polonia ha visitato i rifugiati al confine con l'Ucraina e promesso 2,7 miliardi di dollari per sostenerli, anche se il Washington Post si e' chiesto in un editoriale perchè Biden non li accolga negli Usa come gli altri Paesi europei.

Blinken comunque sta agendo a tutto campo facendo pressing anche su Pechino, cui oggi ha ricordato che «il mondo sta guardando per vedere quali nazioni difendono i principi fondamentali della libertà, dell'autodeterminazione e della sovranità». La Cina ha reagito in modo costruttivo, chiedendo lo stop dei combattimenti, il dialogo Usa-Nato-Ue- Russia per una soluzione pacifica ("prestando attenzione all'impatto negativo della continua espansione verso est della Nato sulla sicurezza della Russia") e il rispetto della carta dell'Onu.

Ma ne ha approfittato pure per ricordare a Washington di «smettere di sostenere l'indipendenza di Taiwan» tornando al principio della 'Unica Cina'. Intanto si scalda anche un altro possibile protagonista negoziale, il presidente della Turchia. Recep Tayyip Erdogan infatti avrà un colloquio telefonico con Putin nella giornata di domenica.

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