Annullate le elezioni Un altro golpe in Africa: il Gabon è in mano ai militari

SDA

30.8.2023 - 21:16

In questo fermo immagine si vedono i soldati che tengono in alto il generale Brice Clothaire Oligui Nguema a Libreville in Gabon, nominato il «presidente della transizione». 
In questo fermo immagine si vedono i soldati che tengono in alto il generale Brice Clothaire Oligui Nguema a Libreville in Gabon, nominato il «presidente della transizione». 
KEYSTONE/Gabon24 via AP

Dopo il Niger, il Gabon. A un mese dal golpe nel Paese del Sahel, un altro Stato della galassia francofona cade sotto il controllo di quei militari che avrebbero dovuto vegliare sulla sicurezza dei propri presidenti e il capo dei putschisti, il generale Brice Oliqui Nguema, è stato nominato «presidente della transizione».

A poche ore dalle contestate elezioni che avevano consegnato ad Ali Bongo Ondimba il terzo mandato da capo dello Stato con il 64,27 per cento dei voti contro il suo principale rivale Albert Ondo Ossa, che ha ottenuto solo il 30,77% delle preferenze, la guardia pretoriana ha annunciato in tv l'annullamento del voto, lo scioglimento di «tutte le istituzioni della Repubblica» e la «chiusura delle frontiere fino a nuovo ordine», con il presidente ai domiciliari. Il coprifuoco sarà mantenuto «fino a nuovo avviso».

Sul canale statale Gabon 24, un militare ha parlato, in una sorta di manifesto programmatico, di «un governo irresponsabile e imprevedibile che provoca un continuo deterioramento della coesione sociale e che rischia di portare il Paese nel caos», ragione per cui «abbiamo deciso di difendere la pace ponendo fine all'attuale regime». E lo ha fatto a nome del Comitato per la transizione e il ripristino delle istituzioni, versione gabonese del nigerino Consiglio nazionale per la salvaguardia della patria.

L'ottavo colpo di Stato in Africa in tre anni

Dinamica simile, storia diversa, ma denominatore comune: la sostituzione del potere militare a quello civile in nome di presunte operazioni di pulizia contro corrotti e vassalli, un trend peraltro in crescita negli ultimi anni in più di un Paese africano (quello in Gabon è l'ottavo colpo di Stato nel Continente in tre anni). E se in molti sono già scesi in campo a marcare le differenze tra Niamey e Libreville, restano i dubbi sulla reale entità dell'impronta antifrancese dei putsch.

Il Niger in piena crisi di sicurezza con l'ombra della Wagner dietro i militari golpisti ha espulso l'ambasciatore di Parigi, sul futuro del Gabon oberato da oltre mezzo secolo di potere corrotto e familista passato senza soluzione di continuità da Bongo padre (Omar) a Bongo figlio (Ali) è nebbia fitta, anche se il sostegno storico di Parigi ai due, sia pure di recente più stemperato, è un dato e nel Paese sono presenti in pianta stabile circa 400 militari francesi.

Insolita velocità nella risposta dei Paesi interessati

Intanto c'è da registrare l'insolita velocità con cui la Cina, che ha grossi interessi nel Paese, ha reagito agli eventi di Libreville. «Chiediamo a tutte le parti nel Gabon di partire dagli interessi fondamentali del Paese e del popolo, di risolvere le differenze attraverso il dialogo e di ripristinare l'ordine normale il più presto possibile», ha detto nel briefing quotidiano il portavoce del ministero degli Esteri Wang Wenbin.

Il Cremlino si è detto «profondamente preoccupato», come pure gli Stati Uniti. La premier francese Elisabeth Borne ha affermato che Parigi segue «con la massima attenzione» la situazione. La Francia «condanna il colpo di Stato», ha scandito a sua volta il portavoce Olivier Véran mentre il gruppo minerario francese Eramet, che in Gabon ha 8.000 dipendenti, ha prima interrotto le sue attività per poi annunciarne la ripresa parziale.

Preoccupazione e condanna sono venute da tutto il mondo, dalla Gran Bretagna al Commonwealth, dall'Unione africana all'Onu, all'Unione europea.

Intanto il deposto presidente Bongo – che nelle parole del nuovo uomo forte Oliqui Nguema «è stato messo a riposo» – con un video apparentemente registrato nella sua residenza ha invitato «tutti gli amici nel mondo» a «fare un po' di rumore». Appello che difficilmente sarà ascoltato. Niger docet.