Asilo e migrazioniBruxelles svela la riforma migratoria, il sistema di Dublino sarà abolito
ATS
16.9.2020 - 17:30
Giro di vite sui rimpatri dei migranti irregolari, aumento dei controlli alle frontiere esterne, accelerazione delle procedure: Bruxelles ha svelato mercoledì una riforma in materia di asilo accusata di cedere il passo ai paesi più ostili all'accoglienza dei rifugiati.
La presidente della Commissione UE Ursula von der Leyen, parlando del nuovo concetto, ha difeso un equilibrio «giusto e ragionevole» tra «responsabilità e solidarietà» tra i 27.
«Dobbiamo trovare soluzioni durature sulla migrazione», ha affermato, sottolineando che l'incendio al campo di Moria è stato «un brutale promemoria».
«Nel nuovo piano» sulle migrazioni «verrà abolito il regolamento di Dublino e sarà sostituito da un nuovo sistema di governance», ha proseguito von der Leyen. All'accordo di Dublino partecipa anche la Svizzera.
«La nuova governance europea della gestione delle migrazioni avrà una struttura comune per quello che riguarda gli asili ed i rimpatri, ed avrà anche un meccanismo di solidarietà molto forte ed incisivo», ha affermato l'ex ministra tedesca nel suo intervento di chiusura al Parlamento europeo.
«Ci sarà un dibattito su questo, punti su cui andremo d'accordo o meno», ha aggiunto. «So che anche la presidenza tedesca vuole avere dei risultati», per quanto riguarda il fascicolo migrazioni», ha concluso.
Cosa prevede il nuovo patto?
A cinque anni dalla crisi del 2015, questo nuovo «Patto Europeo su Migrazione e Asilo» prevede che i Paesi UE che non vogliono accogliere richiedenti l'asilo in caso di afflusso, debbano partecipare al rimpatrio fino al Paese d'origine di coloro ai quali è stato negato l'asilo dal paese europeo in cui sono arrivati.
Sarebbe questo il modo per aggirare il persistente rifiuto di diversi Paesi, in particolare quelli del gruppo Visegrad (un'alleanza culturale e politica di Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia) di accogliere i migranti.
Bruxelles sta imparando la lezione del fallimento delle quote di ricollocazione decise dopo il 2015: il principio di una distribuzione vincolante dei migranti viene quindi abbandonato. «Non funziona», ha ribadito martedì il cancelliere austriaco Sebastian Kurz.
Atteso e ripetutamente bocciato, questo patto prevede «controlli rigorosi» alle frontiere esterne, in modo da escludere più rapidamente i migranti ritenuti poco suscettibili d'ottenere protezione internazionale, ha detto il vicepresidente della Commissione Margaritis Schinas. Per loro, la domanda di asilo verrà elaborata alla frontiera entro 12 settimane.
La fine del Patto di Dublino?
Il patto proposto rivede il principio di attribuire al primo Paese di ingresso di un migrante nell'UE la responsabilità di trattare la sua domanda di asilo.
Questo «patto di Dublino», attuale pilastro del sistema europeo di asilo, ha continuato ad alimentare le tensioni tra i 27, a causa del peso che grava su Paesi geograficamente in prima linea come Grecia e Italia.
Secondo la proposta della Commissione, il Paese responsabile della domanda potrebbe essere quello in cui un migrante ha legami familiari, dove ha lavorato o studiato, o il Paese che ha rilasciato un visto. In caso contrario, i Paesi di primo arrivo rimarranno responsabili della richiesta.
Se uno Stato è sottoposto a una «pressione» migratoria e ritiene di non poter prendere a carico i migranti, può richiedere l'attivazione di un «meccanismo di solidarietà obbligatoria». Tutti gli stati saranno coinvolti, a seconda del loro peso economico e della loro popolazione, spiega la commissaria europea agli affari interni, Ylva Johansson.
La scelta se pagare o aiutare spetterà ai Paesi
Ma i Paesi potranno scegliere tra accogliere i richiedenti asilo, «sponsorizzare» il ritorno di un migrante nel suo Paese o aiutare a costruire centri di accoglienza.
In caso di «crisi» simile a quella del 2015, quando più di un milione di profughi avevano colto di sorpresa l'Europa, uno Stato dovrà farsi carico della ricollocazione dei profughi o del ritorno dei migranti respinti.
E se non riesce a rimpatriare i migranti nei loro paesi di origine entro otto mesi, deve accoglierli. Alternative ritenute irrealizzabili per i piccoli Paesi, che non hanno i mezzi, sostiene una fonte europea.
Al fine di aumentare e rendere «più efficiente» il ritorno dei migranti, la Commissione nominerà un coordinatore e «intensificherà i negoziati» con gli Stati di origine o di transito, ha affermato la signora Johansson.
L'UE ha attualmente 24 accordi di riammissione con paesi terzi, ma «non tutti funzionano», osserva. Solo un terzo dei migranti respinti lascia effettivamente l'UE.
Un coro di critiche: «Vergogna istituzionalizzata»
La situazione è molto diversa dal 2015, con il numero di arrivi irregolari nell'UE che nel 2019 è sceso a 140.000. E se nel 2015 il 90% dei migranti otteneva lo status di rifugiato, oggi i due terzi non hanno diritto alla protezione internazionale.
Mentre il battello Alan Kurdi della ONG Sea-Eye, con 133 migranti a bordo, si dirige mercoledì verso Marsiglia, nel nuovo patto è previsto anche un meccanismo di solidarietà per i soccorsi in mare, che propone di mettere al riparo da persecuzioni giuridiche le ONG che se ne occupano.
Le critiche sono state fulminee: la Commissione «sta mettendo insieme un sistema senza un vero capo, senza una struttura, senza un quadro», ha detto Yves Pascouau, specialista in questioni migratorie, all’AFP.
«È un compromesso tra vigliaccheria e xenofobia», critica il ricercatore belga François Gemenne, denunciando «la stessa logica della fortezza Europa», mentre l'ONG Oxfam accusa la Commissione di «inchinarsi ai governi anti-immigrazione».
«Questo nuovo patto istituzionalizza la vergogna. Non impedirà nuove tragedie o il mantenimento di campi indegni (...) La Commissione si è prostrata davanti a Orban e ai suoi alleati», rincara la dose l'eurodeputato Damien Carême (Verdi).
L'eurodeputata Nathalie Colin-Oesterlé (PPE, a destra), da parte sua, è preoccupata per l'assenza di «un sistema per studiare le richieste di asilo prima di arrivare nell'UE». Quanto alle procedure di frontiera espressa, queste allarmano la Ong Caritas Europa, che teme «una diluizione delle garanzie legali (per i migranti) e un aumento delle detenzioni».