TicinoBertoli: «Ripartizione non omogenea degli allievi ucraini»
SwissTXT / red
7.4.2022
I bambini e i ragazzi ucraini in fuga dalla guerra arrivati finora in Ticino non sono ripartiti in maniera omogenea e questo inizia a generare preoccupazioni. È quanto è emerso durante la conferenza stampa odierna del DECS per fare il punto sul percorso di scolarizzazione di coloro che sono arrivati e continueranno ad arrivare nel Cantone.
SwissTXT / red
07.04.2022, 12:23
SwissTXT / red
Il Mendrisiotto ha già superato la quota prevista, il Luganese è al limite, mentre altri distretti sono vuoti o sono nettamente al di sotto, ha sottolineato il presidente del Consiglio di Stato e direttore del DECS Manuele Bertoli.
«Questo è un problema e questa situazione si è prodotta perché la maggior parte di chi è arrivato non è passato per il canale previsto dal Cantone, che prevedeva di concentrare gli arrivi a Cadenazzo, per poi alloggiare le famiglie in centri temporanei in attesa di essere collocate in Ticino in maniera uniforme», ha detto davanti alla stampa, come riportato dalla RSI.
Fruendo dello slancio di solidarietà della popolazione, molte famiglie hanno scelto collocazioni che venivano loro offerte, ha spiegato ancora il consigliere di Stato, aggiungendo tuttavia che bisogna risolvere questo problema: «Facciamo un appello a tutte le famiglie affinché passino dal sistema cantonale per essere collocate in maniera uniforme, anche per evitare spostamenti a posteriori o di dover organizzare trasporti verso altre sedi se quella del comune di riferimento si rivelasse sovraccarica. Se riuscissimo a ripartire meglio scolari e allievi tutti ne guadagnerebbero».
La crisi in cifre
Bertoli ha inoltre illustrato le cifre in merito all’arrivo dei profughi in Ticino, che confermano pure disequilibri rispetto al resto della Confederazione. Nel Cantone sono 2'000 le persone a beneficio del permesso «S» (permesso temporaneo per persone bisognose di protezione, ndr.), ovvero l’8% del totale: una quota che equivale al doppio di quel 4% previsto come quota parte cantonale.
Di queste 2'000 persone circa il 40% sono minorenni (circa 750). Non tutti sono già entrati nel sistema scolastico, ma lo saranno man mano e inoltre, è stato rilevato durante la conferenza stampa, l’incertezza sui tempi del conflitto presuppone che altre famiglie arriveranno in Svizzera, e in Ticino, nelle settimane e nei mesi a seguire.
Finora, sono registrati 114 bambini sotto i 3 anni, 118 in età di scuola dell’infanzia, 243 in età di elementari, 179 in età di scuola media e 106 che dovrebbero accedere a una formazione post obbligatoria. Attualmente sono però circa 300 quelli che sono stati integrati nel sistema scolastico.
Strategia di scolarizzazione ordinaria
La strategia di scolarizzazione che il DECS persegue, ha sottolineato Bertoli, è quella ordinaria dedicata agli allievi alloglotti e prevede la centralità dei docenti di lingua e integrazione. Essendo dipendenti cantonali, è più facile coordinare lo sforzo e l’eventuale potenziamento di queste figure, ha aggiunto il presidente del Consiglio di Stato.
«Il nostro obbiettivo è di regolare l’integrazione scolastica dei bambini con una prospettiva di permanenza a medio e lungo termine nelle scuole comunali», ha sottolineato per parte sua Renzo Sisini, a capo della sezione scuole comunali.
«Dopo il Covid, ci troviamo di fronte a una nuova emergenza, mettiamo in campo le nostre risorse, finanziarie e umane, ma queste dovranno essere potenziate», ha aggiunto Sisini, spiegando anche l’importanza delle cosiddette antenne per gli eventi traumatogeni nell’aiutare i bambini scappati dalla guerra a elaborare il loro vissuto.
«La scuola si dimostra di nuovo essere un luogo dove poter ritrovare una certa normalità», ha aggiunto Tiziana Zaninelli, a capo della sezione insegnamento medio, «c’è il desiderio da parte di questi ragazzi di avere la vicinanza dei compagni, dei coetanei: parliamo di numeri ma dietro ai numeri di sono le vite di questi giovani e delle loro famiglie».