Pandemia COVID-19: la scuola riparte «in presenza». In caso di seconda ondata sarà l'ultima attività a chiudere

pab

10.8.2020

Manuele Bertoli, Direttore del Dipartimento dell’educazione (DECS), della cultura e dello sport, spiega come si rientrerà a scuola fra tre settimane, con il COVID-19.
Manuele Bertoli, Direttore del Dipartimento dell’educazione (DECS), della cultura e dello sport, spiega come si rientrerà a scuola fra tre settimane, con il COVID-19.
Ti-Press / archivio

Bertoli: «L'anno scolastico partirà con l'insegnamento "in presenza", ma previsti anche altri scenari». Merlani: «Ci dobbiamo aspettare classi in quarantena, ma la chiusura delle scuole sarà l'ultima misura in caso di seconda ondata». Visite nelle Case per anziani: «portate pazienza».

La conferenza stampa è stata aperta dal presidente del Governo Norman Gobbi: «Come sapete l’ambito scolastico è stato molto sensibile negli scorsi mesi. L’obiettivo di questo incontro è quello di anticipare le misure che si prenderanno e anche quello di tranquillizzare la popolazione e i genitori. Anche per questo è qui con noi il medico cantonale Giorgio Merlani».

«Siamo ormai in questa “nuova normalità” di convivenza con il virus, ha proseguito Gobbi, anche per l’ambito scolastico, che ha vissuto momenti difficili. I genitori hanno dovuto anche supplire al ruolo della scuola e a quello dei docenti. Chi come me ha dei bambini piccoli spera che questo scenario non debba ripetersi. Non è stato facile per nessuno».

«Queste decisioni competono ai cantoni e in questo senso sarà fondamentale il dialogo con i comuni», ha ribadito Gobbi prima di passare la parola al medico cantonale Giorgio Merlani.

«Il contact tracing funziona perché i numeri sono bassi»

Giorgio Merlani, dal canto suo, ha fatto brevemente il punto della situazione: «abbiamo avuto un mese di giugno buono e poi un luglio più ballerino, con numeri però sempre sotto i 10 casi al giorno. Non c’è per ora un segno di una repentina ripartenza del virus ma dobbiamo sempre essere vigili».

«Questi numeri bassi ci permettono di fare un contact tracing efficace, non come al Nord delle Alpi, di cui sicuramente avete sentito parlare quest’ultimo fine settimana. Con pochi casi si possono seguire bene i contatti», ha spiegato Merlani.

Attualmente ci sono 13 persone in isolamento. Dall' 11 maggio, da quando abbiamo iniziato il contact tracing, abbiamo isolato 180 malati e ordinato 1'026 quarantene per un contatto accertato. Oggi in quarantena sono in 40. Si arriva anche fino a 10 casi di contatti a persona, ma di media sono tra i 4 e 5. «Vista la ritrovata mobilità, non è così fuori dalla normalità», ha aggiunto Merlani.

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La quarantena al rientro dall'estero è importante

«Per quel che riguarda i rientri dai paesi a rischio si sono finora annunciate 769 persone; ora 271 di queste stanno seguendo la quarantena volontaria. Si ricordano i controlli sempre in vigore, che vengono fatti anche in base alle liste dei passeggeri forniti dalle compagnie aeree. Si tratta di controlli a campione, ma l’obbligo di annunciarsi è sempre in vigore».

«Invito comunque tutti coloro che rientrano da paesi a rischio ad informare i propri datori di lavoro, poiché possono mettere in pericolo non solo la propria salute ma anche quella dei colleghi aumentando le possibilità di ripartire rapidamente con un’ondata. Questo consiglio è ancor più valido in ambiti lavorativi particolari e sensibili, uno su tutti quello socio-sanitario», ha proseguito il medico cantonale.

La metà dei casi è importata

Parlando dell’origine dei nuovi casi, Merlani non ha voluto fornire dati ufficiali, «anche per evitare errori come quello dell’Ufficio federale della sanità pubblica della scorsa settimana, che hanno creato diversi malumori. Il motivo è molto semplice: non è per nulla facile stabilire in che ambito una persona si sia infettata».

«Noi parliamo di "casi importati" quando il periodo d'incubazione è stato fatto all'estero, fuori dal Ticino, ha spiegato Merlani. Per circa il 20% dei casi la provenienza non è chiara perché sono asintomatici e non è possibile risalire al momento effettivo del contagio. I pazienti con sintomi di cui invece non si capisce dove si siano infettati si contano sulle dita di una mano». 

Per tutti questi motivi Merlani ha detto che «possiamo solo dare la nostra impressione: stimiamo che quasi la metà dei nuovi casi arrivi dall’estero. Più persone si muovono, e quando rientrano si portano il virus. Abbiamo anche casi che arrivano da paesi che non sono considerati a rischio».

Visite in casa anziani: «portate pazienza»

Prima di arrivare alla conclusione del suo intervento Merlani ha lanciato un appello alla popolazione: «Dalle strutture sociosanitarie e dagli ospedali mi segnalano una crescente difficoltà ad accettare delle misure di limitazione dell'orario delle visite e il dovere di annunciarsi. Lo capisco, è noioso e limita la libertà individuale, rende più difficile le visite ai propri cari e ai parenti ma dobbiamo ancora essere vigili, soprattutto in questa fase dove il virus circola ancora ma ci sembra scomparso».

«Se si abbassa adesso la guardia può succedere il peggio. Chiedo ancora un po' di pazienza. Stiamo rivedendo le indicazioni e cercheremo di estenderle un poco in modo da riuscire a rispettare sia la volonta delle persone che garantire la sicurezza nelle strutture sociosanitarie.»

Scuola «in presenza», distanze tra docente e allievo

Ha poi preso la parola Manuele Bertoli, capo del DECS, per parlare del rientro in classe, previsto per il 31 agosto: «Come già annunciato qualche settimana fa, ci sono tre scenari previsti. Il primo in presenza, il secondo ibrido e il terzo a distanza. Il Governo ha deciso di aprire le scuole seguendo il primo, ovvero in presenza e in maniera ordinaria. Ci saranno alcuni accorgimenti per l’educazione fisica e altre materie speciali».

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Bertoli ha poi anche sottolineato che nella scuola dell’obbligo «la distanza è da rispettare fra docenti e allievi e fra adulti, non è necessaria tra i bambini stessi. Per le sucole postobbligatorie invece, ha aggiunto il consigliere di Stato, «è in corso una verifica, istituto per istituto, per capire dove sia possibile mantenere le distanze e dove no», ma la regola da rispettare è quella già nota di un metro e mezzo per tutti poiché nelle scuole post-obbligatorie anche gli studenti sono considerati adulti.

Mascherina facoltativa per gli allievi, non per i docenti

Bertoli ha poi proseguito affermando che «per gli allievi delle scuole comunali (asili e elementari) la mascherina è sconsigliata. Nelle scuole medie è facoltativa, così come nel postobbligatorio.

I docenti sono invece tenuti a indossarla negli spazi comuni come l'aula docenti, i corridoi e gli ingressi, perché è proprio lì che sono avvenuti alcuni contagi in altri cantoni, dove è capitato che i maestri portassero il COVID-19 in istituto. Non è obbligatoria invece nelle aule».

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Pronto anche lo scenario ibrido

Per le materie particolari, come per esempio l'educazione fisica, si stanno ancora affinando i dettagli, ha spiegato Bertoli, per le mense sono previsti piani di protezione e le ricreazioni si faranno in una relativa normalità, cercando di evitare assembramenti di bambini.

Benché sia stato scelto il primo scenario, il secondo e il terzo non sono accantonati. L'evoluzione della situazione - se negativa - potrebbe portare ad adottare più avanti l'opzione ibrida - già pronta - o addirittura l'insegnamento a distanza, che sarà compiutamente elaborato entro fine mese.

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Possibili scenari specifici per diverse regioni

«Speriamo l’anno possa partire bene. Dovremo avere pazienza perché le misure potranno cambiare in base alla situazione legata alla pandemia, ha proseguito Bertoli. Speriamo di avere un anno intero in piena presenza. Bisogna remare nella stessa direzione. Gli scenari due e tre sarebbero problematici, dobbiamo evitarli in ogni modo».

Il passaggio ai vari scenari, ha ricordato il capo del DECS, dipende dal Governo. La decisione verrà presa a dipendenza dell’evoluzione dei casi, potrebbero dunque essere messi in moto diversi scenari per diverse scuole o regioni del Ticino.

Da aspettarsi delle classi in quarantena

A questo proposito il medico cantonale Giorgio Merlani non esclude che ci possano essere delle quarantene nelle classi.

«I bambini si infettano raramente e quando accade hanno ricorsi blandi. Non ho garanzie che non ci saranno trasmissioni, ma quello che sappiamo è che non saranno queste che faranno scoppiare la pandemia e sicuramente ci saranno delle classi poste in quarantena da qui a ottobre, ma non possiamo mettere ‘il carro davanti ai buoi’. Il rischio è minimo.»

«Si chiudono le scuole per proteggere la società»

«Il ruolo della scuola nella diffusione della pandemia è collegato a quello che si conosce nell’ambito dell’influenza. I bambini sono dei cosiddetti “super-spreader”, "super diffusori", coloro i quali fanno da volano nell’accelerazione dell’epidemia: da bambino a bambino, da bambino a nonni e poi genitori e così di seguito. I bimbi in effetti producono una grande quantità di virus. Per questo motivo tutti i piani pandemici prevedono la chiusura delle scuole. Nessuno ha mai previsto questa misura per proteggere i ragazzi ma a protezione della società».

«Arriviamo al paradosso che, se volessimo fare qualcosa di efficace per l’impatto che l’influenza ha ogni anno, dovremmo chiudere le scuole ogni anno».

Chiudere le scuole sarà tra le ultime misure

«Insomma usiamo impropriamente “l’arma della chiusura delle scuole” per rallentare la diffusione della pandemia. E lo abbiamo fatto nella prima fase perché avevamo un picco molto elevato e perché le conoscenze sulle capacità di diffondere il virus dei bambini non erano ancora così chiare», ha proseguito il medico cantonale.

«Anche ora non è tutto chiarito ma a differenza di allora, ora si sa che non hanno lo stesso ruolo che hanno nell’influenza. Non si può escludere che anche i bambini trasmettano il virus ma non sono loro il motore principale della diffusione», ha continuato Merlani.

«Dovesse esserci una seconda ondata è molto probabile che la scuola sia una delle ultime attività a essere chiusa, proprio perché non sono i bimbi il motore principale della pandemia. Si andrà probabilmente avanti con lo "scenario uno" (insegnamento «in presenza») anche qualora si dovessero chiudere altre attività o commerci», ha concluso Merlani.

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