Ticino Essere famigliare curante

SwissTXT / pab

30.10.2020

Immagine d'illustrazione
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Ti-Press

«Con te io posso»... è lo slogan della Giornata Nazionale del Famigliare curante che si celebra oggi, 30 ottobre.

Essere un famigliare curante non è una scelta, ma spesso la risposta a un bisogno. E può essere quello di un figlio, di un genitore o di un congiunto e durare mesi, anni, una vita intera. Una condizione che può diventare nel tempo anche faticosa e triste.

Il senso di questa giornata nazionale è proprio quello di sostenere queste persone - quasi 50mila in Ticino - e sottolineare e riconoscere il grande valore del loro lavoro.

Le Cronache della Svizzera Italiana della RSI hanno raccolto la testimonianza di Daniela Lurà e di suo figlio Giona.

La testimonianza

«Giona è il mio unico figlio ed è nato 36 anni fa. Ha avuto un problema al parto, quindi è un giovane uomo cerebroleso». Questa nascita in più modi ha cambiato la vita della famiglia.

«Ho pensato subito che fosse colpa mia se Giona fosse così. Siccome lui non ha una malattia genetica, non ha sindromi… ho pensato subito a un mio errore e non c’era niente che mi consolava; nessun dottore… non c’era nessuno che me lo toglieva dalla testa. Per questo lo sentivo mio e lo accudivo io».

Giona è sempre stato con la madre: «È stato un grande aiuto poter andare prima all’asilo nido e poi alla provvida madre, perché loro mi hanno sempre aiutato tanto. Anche il fatto di essere cresciuto con me e di vivere ancora con me penso debba essere stato gratificante per lui. Lui dimostra e mi dice che ha piacere a stare in famiglia».

Per lei però vuol dire dimenticarsi di se stessa? «Nel tempo abbiamo trovato un equilibrio. All’inizio non è stato facile. È una vita un po’ doppia. Faccio un esempio molto pratico: mi alzo, devo lavarmi, vestirmi, fare la colazione. Poi devo fare le stesse cose con lui, perché non le fa da solo. Il pratico è tutto doppio, quindi diventa una cosa… pesante».

Nella condizione di famigliare curante c’è anche la fatica di chiedere aiuto, di accettare di avere bisogno d’aiuto? «Sì, infatti appena avevo la possibilità di avere questo aiuto, chiedevo sul fronte domestico piuttosto che con Giona, perché mi sembrava che lui fosse mio e che dovessi farlo io».

La condivisione però è molto importante. «È fondamentale e poi con Giona ho conosciuto persone veramente speciali, che se lui non fosse nato non avrei mai conosciuto. Mi hanno fatto riflettere su tantissime cose. Ho la fatica di un lavoro doppio ma ho anche un arricchimento. Non è una frase fatta ma Giona mi dà tantissimo e mi riempie la vita di tanto amore e di tante gioie. Tante volte mi dà emozioni che a volte sono veramente inspiegabili. Ha una comunicazione con gli occhi e empatica che non ho mai trovato in nessun altra persona».

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