Commercio Guerra in Ucraina, trading d'acciaio in Ticino in difficoltà

Swisstxt / Red

25.6.2022

Immagine d'illustrazione.
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KEYSTONE/Martin Ruetschi

Il settore del commercio delle materie prime ticinese è confrontato con un contesto internazionale difficile: i rapporti con la Russia non sono più quelli di prima.

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Il settore, ricorda la RSI, si è sviluppato in particolare negli ultimi dieci anni. La piazza luganese è costituita da 120 aziende, che producono un gettito fiscale di 70 milioni e che danno lavoro a 1'600 persone. 

Venerdì, il settore si è ritrovato a Lugano per discutere di commercio di acciaio, nell'ambito della Global Commodities Conference, al LAC, organizzata dalla dalla Lugano Commodity trading association (LCTA).

Il trading svolto da Lugano riguarda piccole società in un mercato globale.

Rapporti con la Russia da ridefinire

«Il lavoro del trader d’acciaio oggi è quello di rimpiazzare i flussi dalla Russia con altre origini, principalmente da Paesi asiatici, ma con la Cina esclusa, in quanto praticamente non sta esportando. Questa è una delle componenti dell’aumento dei prezzi di alcuni beni, che poi si traduce in inflazione» afferma ai microfoni della RSI il presidente della LCTA, Matteo Somaini.

Venerdì, a Lugano, è stato analizzato il difficile contesto internazionale. Gli esperti spiegano che le banche diffidano ad operare in «sentore» di Russia. È particolarmente dura per le 20 ditte su 120 che lavoravano con Kiev e Mosca. Tra queste rientrano anche società legate a due oligarchi presenti nella lista della SECO.

«Purtroppo la realtà per il nostro Cantone è che, se queste compagnie dovessero alla fine chiudere, rischiamo di perdere il know-how degli impiegati che hanno svolto questo lavoro per decenni con grande professionalità, competenza e integrità, indipendentemente dal problema legato all’individuo in cima alla scala», spiega Somaini.

L'esempio della «Flame» di Paradiso

Le aziende in difficoltà sarebbero una dozzina: un paio andate in liquidazione, ha saputo l'emittente di Comano, altre invece sono riuscite a tornare a galla.

Alcune avevano già diversificato, ad esempio la «Flame» di Paradiso. Si tratta di una società con 35 dipendenti tra India e Vietnam, che acquista carbone e lo rivende a centrali elettriche o cementifici.

Riccardo Talenti, operations manager di «Flame SA», racconta alla RSI: «Abbiamo sicuramente subito delle perdite per quanto riguarda il mercato russo, di circa il 20% . C’è da dire che la nostra società, essendo molto presente sul mercato asiatico, è riuscita comunque a colmare questa perdita con l’aumento dei profitti su altri trade».

Come prevedono le sanzioni, da fine agosto sarà totalmente vietato commerciare il carbone russo. Talenti conclude osservando che «il mercato russo per il momento, e soprattutto da agosto, è considerato un mercato perso… non si sa quando si potrà a ritornare a trattare con la Russia».