«Siamo io, un meccanico qualificato e un apprendista, che è il primo che ha dovuto restare a casa in quarantena dopo aver avuto contatti fuori dalla scuola con ragazzi della sua età che avevano i sintomi. Poi è toccato a noi, si è creata una catena».
L'esperienza, raccontata ai microfoni della RSI nella testimonianza del titolare di una piccola officina, ben evidenzia come l'aumento dei contagi in Ticino e di conseguenza delle persone poste in isolamento e in quarantena, stia mettendo in difficoltà non solo il servizio di contact tracing del Cantone, ma anche tante attività economiche.
Stando agli ultimi dati disponibili sul sito dell'Ufficio federale della sanità pubblica, aggiornati a martedì, i casi attivi e isolati in Ticino erano 431, le persone in quarantena dopo contatti a rischio 1'269 e dopo il rientro da paesi non sicuri 608.
«Quarantene con un occhio di riguardo al mondo del lavoro»
Nei giorni scorsi l'AITI, l'Associazione delle industrie ticinesi, aveva sottolineato in una lettera al Governo cantonale le ragioni dell'economia, anche nell'eventualità di nuove misure restrittive.
Si era soffermata anche sulle quarantene, invitando a metterle in pratica con un occhio di riguardo al mondo del lavoro, perché un rigore eccessivo rischierebbe di far saltare l'attività produttiva in diversi settori. Si chiede quindi di fare pressione sulla Confederazione perché acceleri sui test rapidi.
Infine, l'AITI dice un «no» deciso a un nuovo lockdown, che sia totale o parziale. Il presidente Norman Gobbi, da noi sollecitato, ha detto che il Consiglio di Stato risponderà a breve.