Ticino Vino: i limiti della Denominazione di Origine Controllata

SwissTXT / pab

21.9.2020

Immagine d'illustrazione
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Ti-Press

Abbandonare il marchio DOC (denominazione di origine controllata) per continuare a produrre con maggiore libertà, assicurando quantità e qualità delle uve.

È la scelta, come riporta il sito della RSI, della Cantina Il Cavaliere di Contone, un’azienda famigliare che produce ogni anno 120'000 bottiglie. La maggior parte dei nuovi vini saranno IGT (indicazione geografica tipica) e sulle etichette non ci sarà più nessun riferimento al Ticino.

È la condizione per non aver accettato diminuire la resa parte dei suoi vigneti di uva merlot da 1 chilo a 800 grammi per metro quadrato come deciso a livello cantonale. «Non temo di perdere clienti, anzi, ne sto acquisendo di nuovi. Le caratteristiche del vino e la sua qualità si riescono a trasmettere anche senza le tre lettere DOC», ha affermato il titolare Roberto Belossi ai microfoni dell'azienda di Comano.

Sovraproduzione e declassamento

La riduzione della resa per le uve merlot promossa a gennaio dall’Interprofessione della vite e del vino ticinese (IVVT) è stata accolta favorevolmente in particolare da quelle cantine confrontate con un accumulo di scorte diventato insostenibile a seguito del blocco delle vendite durante il lockdown.

Per far calare il volume di queste scorte, a livello nazionale, la Confederazione ha promosso un'operazione di declassamento dei vini DOC in vini da tavola, mettendo a disposizione 10 milioni di franchi, assegnati a ogni cantone in base alla superficie coltivata a vite.

Concretamente, per ogni litro di vino declassificato, la cantina riceve un contributo che può arrivare alla somma massima di due franchi. La maggior parte delle adesioni sono arrivate dai cantoni Vallese, Vaud e Ginevra (i maggiori produttori di vino della Confederazione), nella Svizzera Italiana tre le cantine che vi hanno aderito.

Tra queste la Cantina Giubiasco, che ha deciso di trasformare una parte delle sue scorte in disinfettante. A livello nazionale, oltre al disinfettante, parte del vino declassato è stato venduto all'industria alimentare e utilizzato per produrre salse o fondue.

Una nuova immagine

«Le cantine ticinesi devono prestare più attenzione all’attività commerciale e di marketing per riuscire a vendere meglio i loro prodotti», è l’opinione di Bruno Bonfanti, presidente dell’Associazione svizzera commercianti di vino, raccolta ancora dalla RSI.

Parallelamente a un equilibrio nella produzione, sembra inevitabile per alcune realtà assicurarsi nuovi sbocchi sul mercato. Considerando il calo del consumo di vino pro capite in Svizzera e la forte concorrenza dei prodotti esteri, questo lavoro corrisponde a una vera e propria sfida.

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