Inquinamento Sito CSEM di Landquart sviluppa sensore per microplastiche in mare

ns, ats

7.4.2021 - 15:18

Secondo le stime attuali, ogni anno nei mari finiscono dai cinque ai tredici milioni di tonnellate di plastica (immagine simbolica).
Secondo le stime attuali, ogni anno nei mari finiscono dai cinque ai tredici milioni di tonnellate di plastica (immagine simbolica).
Keystone

Nell'ambito di un progetto europeo, il sito di Landquart (GR) del Centro svizzero di elettronica e microtecnica (CSEM) sta sviluppando un sensore per rilevare e caratterizzare in modo continuo e autonomo la presenza di microplastiche nei mari.

Keystone-SDA, ns, ats

Il dispositivo dovrebbe essere installato nei prossimi anni su navi che seguono sempre la stessa rotta.

Attualmente, il campionamento delle microplastiche richiede molto tempo e i dati raccolti rappresentano solo delle istantanee nel tempo prese in luoghi specifici, indica un comunicato diramato oggi dal CSEM, istituzione con sede a Neuchâtel.

Misure autonome continue

Nell'ambito del progetto europeo NAUTILOS, gli ingegneri grigionesi stanno sviluppando un sensore per misurare in situ concentrazione, distribuzione per dimensioni e, idealmente, anche tipologia di questi inquinanti. Il programma europeo prevede che il dispositivo sia montato, assieme a una decina di altri strumenti, su navi in partenza dalla Norvegia.

Il sensore effettuerà misure autonome più volte al giorno su un tragitto coperto ripetutamente: ciò permetterà di elaborare mappe dell'inquinamento da plastiche. Gli studiosi degli ecosistemi marini disporranno dunque di informazioni molto più precise che dovrebbero permettere di meglio valutare rischi e impatto di questi inquinanti, indica la nota.

Rilevamento tramite fluorescenza

Concretamente gli ingegneri grigionesi del CSEM puntano al rilevamento delle plastiche tramite fluorescenza con un processo giudicato «robusto, abbordabile e, soprattutto, di facile utilizzazione». Il sistema filtrerà l'acqua, eliminerà i microrganismi e pigmenterà le microplastiche con un colorante fluorescente. A intervalli regolari, questi campioni di plastica colorata saranno passati attraverso un dispositivo di rilevamento, dove la plastica emetterà luce di un colore e un'intensità specifici a seconda della natura e delle dimensioni della particella.

Non mancano gli ostacoli

«Puntiamo a fornire una tecnologia in grado di rilevare particelle di dimensioni comprese tra 30 e 300 micrometri (0,03 e 0,3 millimetri) e, idealmente, capace di distinguere tra diversi tipi di plastica», indica Stefano Cattaneo, capo della sezione Optoelectronic Systems del CSEM, citato nel comunicato.

«Tuttavia ci sono ancora molti ostacoli da superare per realizzare un sistema di sensori autonomo che possa essere montato su una nave e possa funzionare in modo continuo per settimane senza intervento umano», nota il ricercatore.

Il progetto NAUTILOS è giovanissimo: è stato lanciato alla fine dello scorso anno. Pilotato dal Consiglio nazionale delle ricerche (CNR) italiano, mira a sviluppare una nuova generazione di sensori e strumenti di campionamento, nonché a integrare tecnologie di osservazione su larga scala nei mari europei. Riunisce 21 partner di undici Paesi europei.

Minaccia per ecosistemi marini

Secondo le stime attuali ogni anno nei mari finiscono dai cinque ai tredici milioni di tonnellate di plastica, ricorda il comunicato. Sotto forma di minuscoli frammenti, queste particelle di polimeri sintetici sono ingerite dalla fauna marina, entrano nella catena alimentare e danneggiano gli ecosistemi a tutte le latitudini.

Secondo studi recenti, quasi due terzi di questi piccoli rifiuti sono prodotti dalla degradazione di oggetti come sacchetti, bottiglie o reti da pesca. La stragrande maggioranza del terzo rimanente è prodotta dal traffico stradale, ossia dall'abrasione degli pneumatici, ma anche dal bucato di tessuti sintetici nelle lavatrici. In misura minore, possono essere stati deliberatamente aggiunti ad articoli per l'igiene e cosmetici.

Per il momento, le conoscenze degli specialisti sono ancora troppo incomplete per determinare l'esatta distribuzione delle microplastiche negli ambienti acquatici, così come il loro reale impatto sull'ambiente. La concentrazione di queste particelle varia considerevolmente in diverse aree degli oceani e dipende fortemente dalle correnti marine.