Accordo quadro a un punto morto
L'incontro tra Parmelin e von der Leyen "non ha dato i progressi auspicati" - La Confederazione aveva chiesto di negoziare separatamente i tre punti critici per la Svizzera
23.04.2021
Le posizioni dell'Ue e della Svizzera rimangono ancora lontane circa gli aspetti controversi dell'accordo istituzionale.
Tuttavia, anche se molti la considerano spacciata, l'intesa non è ancora morta: Bruxelles e Berna rimangono in contatto per il tramite dei rispettivi negoziatori.
Così si potrebbe riassumere il colloquio odierno tra la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, e il presidente della Confederazione, Guy Parmelin.
La Svizzera non può firmare
Un incontro che perlomeno ha avuto il merito di fare chiarezza a livello politico sia da parte elvetica che da parte dell'Ue: così com'è ora, la Svizzera non firmerà l'accordo quadro finché non avrà ottenuto chiarimenti sui punti contestati (aiuti di Stato, misure collaterali e cittadinanza europea), mentre Bruxelles non è disposta a separare dall'intesa questi tre punti per esaminarli separatamente. Insomma, o tutto o niente.
Nessun «miracolo» quindi a Bruxelles oggi, ma la conferma che le parti rimangono ferme nelle rispettive convinzioni, ma si dicono disposte a proseguire negli sforzi per trovare una soluzione (dichiarazioni simili si sentono da anni sia a Berna che a Bruxelles, n.d.r).
Come spesso accade a livello diplomatico, nessuno vuole essere considerato responsabile dell'impasse: Parmelin, al termine dell'incontro, ha sottolineato che la Svizzera ha accettato la ripresa automatica del diritto comunitario e il ruolo della Corte di giustizia dell'Unione europea (CGUE), e ora si attende proposte concrete dalla commissione sugli aspetti controversi. Quest'ultima da mesi dichiara di non poter fare eccezioni per la Svizzera, tanto più che ha già accolto l'idea di una corte arbitrale accanto alla CGUE.
Posizioni ancora lontane
Nemmeno la nomina di Livia Leu quale nuova segreteria di Stato agli affari esteri, che ha sostituito il ticinese Roberto Balzaretti, ha quindi permesso di sbloccare la situazione. Se sugli aiuti di Stato (concretamente la garanzia dei Cantoni alle rispettive banche) sembrava essere possibile raggiungere un compromesso, troppo lontane si sono rivelate le posizioni su cittadinanza europea, ossia l'accorciamento dei termini che darebbero diritto ai lavoratori Ue di accedere alle prestazioni sociali elvetiche, e le misure a protezione dei salari. L'Ue vorrebbe per i lavoratori distaccati un periodo di annuncio di 4 giorni, invece di 8 come adesso, ciò che ha fatto storcere il naso alla sinistra e ai sindacati, che temono abusi.
Ma anche il Centro e il PLR hanno espresso perplessità sulla cittadinanza europea e gli aiuti di Stato, per non parlare del problema della perdita di sovranità a causa del recepimento del diritto comunitario in alcuni settori (recepimento non automatico, poiché il referendum sarebbero possibile, anche se in caso di voto negativo alle urne l'Ue potrebbe adottare misure compensatorie) e il ruolo della CGUE.
Cammino impervio, ma si discute
Nonostante l'ottimismo di facciata di stamane, la strada per districare il bandolo della matassa rimane ancora impervia. Il fatto di voler continuare a discutere, tuttavia, rappresenta anche il riconoscimento che tra le parti vi sono forti interessi condivisi. Ancora stamattina, prima dell'incontro, Ursula von der Leyen aveva dichiarato che l'Ue vuole costruire, mediante un accordo istituzionale, relazioni stabili e coerenti con la Confederazione.
L'accordo quadro, stando all'ex ministra della difesa tedesca, «è essenziale per le nostre relazioni», anche perché «la Svizzera e l'Ue non sono semplici vicini a causa della prossimità geografica ma anche delle strette relazioni tra i rispettivi cittadini». Secondo von der Leyen, un'intesa è possibile, anche se ci vuole una dose di flessibilità da ambo le parti.
Dal canto suo, il presidente della Confederazione Guy Parmelin aveva assicurato che le relazioni con l'Ue rimangono «preziose» e che vanno preservate soprattutto in tempi difficili come questi. La Svizzera, aveva spiegato Parmelin, vuole fare di tutto per mantenere le relazioni bilaterali.