Sessione Malgrado l'opposizione dell'UDC, la Svizzera avrà un istituto nazionale per i diritti umani

cp, ats

14.9.2021 - 10:27

Per essere credibile a livello internazionale, anche la Svizzera deve dotarsi di un istituto nazionale per i diritti umani, secondo il ministro degli esteri Ignazio Cassis.
Per essere credibile a livello internazionale, anche la Svizzera deve dotarsi di un istituto nazionale per i diritti umani, secondo il ministro degli esteri Ignazio Cassis.
Keystone

La Svizzera deve dotarsi di un'istituzione nazionale per i diritti umani (INDU). Dopo il Consiglio degli Stati, oggi è toccato al Consiglio nazionale – senza l'UDC – dare il via libera alla creazione di questo organismo. Il dossier è pronto per le votazioni finali.

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Questo organismo sarà indipendente, coinvolgerà ampie fasce della società e riceverà un sostegno finanziario dalla Confederazione. L'INDU sarà integrata nella legge federale su misure di promozione civile della pace e di rafforzamento dei diritti dell'uomo.

Il Consiglio federale ha adottato a fine 2019 il progetto di legge in materia con l'obiettivo di rafforzare il proprio impegno a favore dei diritti umani. La creazione dell'INDU figura da tempo nell'agenda politica elvetica e risponde anche a una richiesta di politica estera dell'Onu, hanno ricordato in aula diversi oratori, compreso il consigliere federale Ignazio Cassis.

A parte il fatto che la Svizzera è uno dei pochi paesi europei a non essersi dotato di una tale istituzione, Cassis e i promotori hanno rammentato che si tratta anche di rafforzare la credibilità della Svizzera in materia di diritti umani e di rafforzare il ruolo della Ginevra internazionale.

Dopotutto non possiamo criticare gli altri Paesi e, nel contempo, non fare nulla da noi per promuovere questi diritti che ci stanno a cuore, si è sentito in aula. Attualmente, oltre 120 Paesi, compresi quasi tutti quelli europei, dispongono di un'istituzione di questo genere.

Secondo i fautori dell'INDU, quest'ultima assumerà un ruolo preventivo: entra in gioco prima che si verifichi una violazione dei diritti dell'uomo e avrà un ruolo importante nella divulgazione e sensibilizzazione sul tema. L'indipendenza dell'INDU le consentirà di cooperare non solo con le autorità a tutti i livelli statali, ma anche con le organizzazioni non governative, l'economia privata, il settore della ricerca e le organizzazioni internazionali.

Dal 2011, esiste già il Centro svizzero di competenza per i diritti umani (CSDU) come progetto pilota a tempo determinato. Esso però non soddisfa tutti i requisiti e quindi il disegno di legge prevede di tramutare tale progetto in un'INDU permanente, in forma di istituzione di diritto pubblico.

L'INDU potrà definire autonomamente le proprie attività nell'ambito del mandato affidatole, che copre sia questioni interne sia relative agli obblighi internazionali. I suoi compiti comprenderanno l'informazione e la documentazione, la ricerca, la consulenza, l'educazione e la sensibilizzazione in materia di diritti umani – come nel caso dei bambini o delle persone disabili – nonché lo scambio internazionale. Non svolgerà mansioni amministrative, non fungerà da mediatrice e non si occuperà di singoli casi.

In merito al mandato dell'INDU, la commissione raccomandava una maggiore flessibilità rispetto alla versione del Consiglio federale e del Consiglio degli Stati. Al voto, però, l'ha spuntata una proposta di minoranza (99 voti a 87) che ha preferito attenersi a un catalogo ben definito di compiti.

Per quanto attiene al finanziamento, è previsto un credito ogni quattro anni. Il Consiglio federale avrebbe preferito contributi – un milione circa secondo il governo – da definire anno per anno. I Cantoni si faranno carico dei costi infrastrutturali e l'istituzione avrà sede in una o più università.

Unica voce fuori dal coro, l'UDC ha giudicato inutile la creazione di questa nuova istituzione e ne ha criticato i costi, che potrebbero facilmente esplodere. In Austria, per esempio, un organismo simile impiega già 90 persone, con tutte le spese del caso, ha affermato Yvette Estermann (LU). Tuttavia, la sua proposta di non entrata in materia è stata bocciata per 135 voti a 54.