Scoperta scientifica Tre adulti paraplegici tornano a camminare grazie agli elettrodi

SDA

8.2.2022 - 09:27

Un paziente paraplegico cammina grazie alla stimolazione elettrica del suo midollo spinale con il professor Gregoire Courtine, a destra, e dalla professoressa Jocelyne Bloch, a sinistra, a Losanna nel 2018 (foto d'archivio).
Un paziente paraplegico cammina grazie alla stimolazione elettrica del suo midollo spinale con il professor Gregoire Courtine, a destra, e dalla professoressa Jocelyne Bloch, a sinistra, a Losanna nel 2018 (foto d'archivio).
KEYSTONE/Valentin Flauraud

Tre persone paralizzate, una delle quali è italiana, sono tornate a camminare, nuotare e pedalare grazie a elettrodi impiantati nel midollo spinale. Il risultato, pubblicato sulla rivista «Nature Medicine», si deve al gruppo coordinato dal Politecnico federale di Losanna (EPFL).

«Questo successo è il risultato di lunghi studi portati avanti in questi anni, che avevano l'obiettivo di capire come ricreare gli impulsi elettrici necessari per il controllo del tronco e delle gambe», ha detto all'ANSA Silvestro Micera, che lavora fra Scuola Superiore Sant'Anna e Politecnico federale di Losanna (EPFL).

Il dispositivo che ha consentito a tre pazienti adulti paralizzati di tornare a una mobilità quasi completa consiste in un tablet sul quale i pazienti possono selezionare il tipo di movimento che vogliono fare, più una sorta di bypass inserito nell'addome che raccoglie le informazioni e una serie di elettrodi morbidi impiantati direttamente all'interno della colonna vertebrale, nel midollo spinale.

Sulla base dei movimenti selezionati per mezzo del tablet, i segnali vengono inviati agli elettrodi che provocano la contrazione dei muscoli, generando in questo modo movimenti complessi: non solo camminare ma nuotare e pedalare. Il tutto anche fuori da ambienti protetti come il laboratorio.

I pazienti sono tornati in piedi in un giorno

Fra le prime tre persone sulle quali è stata condotta la sperimentazione c'è l'italiano Michel Roccati, rimasto paralizzato quattro anni fa per un incidente in moto. Come gli altri due pazienti, anche Michel ha appreso a utilizzare la nuova tecnologia.

Per insegnare ai tre pazienti a riprendere la mobilità perduta è stato necessario fare una formazione approfondita, ma il tutto è avvenuto in tempi rapidissimi: «Dopo che i loro impianti sono stati attivati, i tre pazienti sono stati in grado di stare in piedi, camminare, pedalare, nuotare e controllare i movimenti del busto in un solo giorno!», ha osservato Grégoire Courtine, dell'EPFL, che con Jocelyne Bloch, neurochirurga del Centro ospedaliero e universitario vodese (CHUV), ha coordinato la ricerca.

«Il tutto – ha proseguito – grazie ai programmi di stimolazione specifici che abbiamo scritto per ogni tipo di attività. I pazienti possono selezionare l'attività desiderata sul tablet e i protocolli corrispondenti vengono trasmessi al dispositivo impiantato».

I progressi sono proseguiti nelle settimane successive e, seguendo un piano di allenamento, i volontari sono stati in grado di recuperare massa muscolare, muoversi in modo più autonomo e prendere parte ad attività sociali come bere un drink in piedi al bar.

Un importante traguardo

Il risultato arriva dopo numerosi anni di ricerche effettuate dal gruppo in questo ambito, dal quale è nata anche la start up Onward Medical, il cui obiettivo principale sarà testare questa nuova tecnologia su migliaia di pazienti, per arrivare a commercializzarla entro pochi anni.

«I prossimi passi – ha detto ancora Micera – saranno dedicati a ottenere la completa miniaturizzazione del dispositivo e poi si lavorerà per riuscire a usare i segnali elettrici in arrivo direttamente dal cervello, grazie a un sistema capace di raccogliere i segnali cerebrali e inviarli al midollo, superando la parte lesionata».

Da Israele una strada alternativa

Nel frattempo, da Israele arriva la notizia di un altro importante successo, questa volta nel tentare la rigenerazione i tessuti spinali danneggiati usando cellule staminali.

I ricercatori sono riusciti a ricostruire in 3D porzioni di tessuto che sono stati inserite per ripristinare le connessioni danneggiate, anche dopo lunghi periodi, all'interno della colonna vertebrale. Una strada completamente differente da quella «elettronica» dei ricercatori svizzeri, che prevede ancora un lungo percorso prima di poter essere testata sull'uomo.