EpidemiaTask force, «prima e meglio si agisce meno soffriranno sanità e economia»
bas, ats
17.12.2020 - 10:57
Quanto prima e quanto più incisivamente si agisce contro l'epidemia Covid-19, tanto più l'intervento è efficace in termini di salute e meno negativo per l'economia. È la constatazione di Marius Brülhart, membro della Task Force istituita dal Consiglio federale.
Agendo prima, «avremmo potuto avere un Natale migliore», con misure meno restrittive di quelle che alla fine saremo costretti a prendere ora, aggiunge l'economista dell'Università di Losanna, in un'intervista pubblicata oggi da Le Temps.
Il processo decisionale altamente decentralizzato in Svizzera, «con molte voci [che] possono essere espresse», rende complicata un'azione rapida. «Il Consiglio federale ha i mezzi per agire, ma rappresenta una coalizione, e bisogna trovare un consenso fra ogni suscettibilità», sottolinea Marius Brülhart.
Salute ed economia non vanno contrapposte
Secondo il professore della facoltà di studi superiori di commercio (HEC) la salute pubblica e l'economia non devono essere messe in contrapposizione. Le prime ricerche mostrano che quando il fattore di riproduzione del coronavirus è superiore a 1, «come avviene attualmente in Svizzera, non vi è alcun compromesso tra economia e salute». Se non si controlla il virus, si penalizza l'economia, precisa.
«Quando il fattore di riproduzione è più basso, bisogna fare certi arbitraggi di ordine economico», dice. Tuttavia egli riconosce che per alcuni rami che devono chiudere «è una cosa grave». Ma includendo gli aiuti di Stato nell'equazione, «eliminiamo la paura del fallimento».
Prestiti Covid, un mezzo eccellente
In proposito Marius Brülhart ritiene che per il momento non siano necessari nuovi aiuti. «Abbiamo meccanismi che funzionano, con il lavoro a orario ridotto e la garanzia dei salari più bassi». Egli osserva inoltre che «i prestiti Covid, nella prima ondata, sono stati un mezzo eccellente, veloce ed efficiente per le aziende di ottenere liquidità».
Però, aggiunge, il costo del confinamento è a carico delle aziende, in quanto devono rimborsare i prestiti. «Inoltre, il programma è terminato, quindi esse non hanno più accesso a questa liquidità e i fondi promessi per i casi di rigore – 2,5 miliardi di franchi – non sono ancora disponibili e i criteri di assegnazione rimangono vaghi».