Epidemia Al via i test dell'app SwissCovid, Koch: «La tracciabilità è importante»

ATS

25.5.2020 - 16:27

Daniel Koch.
Daniel Koch.
Source: KEYSTONE/AP/Altaf Qadri

I primi test con l'app SwissCovid sono incominciati oggi: lo hanno dichiarato in conferenza stampa i responsabili della sua applicazione, ribadendo che i dati non verranno utilizzati per monitorare gli spostamenti e rimarranno registrati sullo smartphone.

Kim Sang-Il, responsabile della trasformazione digitale presso l'Ufficio federale della sanità pubblica (UFSP), ha sostenuto che, sulla base di un sondaggio online eseguito tra il 29 e 30 aprile tra 2819 persone dalla società Sotomo, il 59% si è detto pronto a scaricare l'applicazione, soprattutto per proteggere gli altri da un eventuale contagio.

Ciò che molte persone hanno detto di temere è la possibilità che si venga obbligati ad installarla, magari dal datore di lavoro, o si venga discriminati, per esempio mediante il rifiuto di accedere a un ristorante se SwissCovid non è installata.

Sia Kim Sang-Il che Marcel Salathé, quest'ultimo alla guida del gruppo di esperti «Digital epidemiology», hanno ribadito che i dati personali rimarranno sul cellulare e non verranno registrati centralmente, come è esclusa anche una sorveglianza degli spostamenti.

«Le prossime settimane ci serviranno per capire se l'app, che si basa su un protocollo elaborato da Google e Apple, funziona», ha spiegato Salathé. La Svizzera è il primo paese ad utilizzare il sistema sviluppato da queste due società, ha sottolineato l'esperto, aggiungendo che quanto viene fatto nella Confederazione interessa anche altri Paesi.

Tracciabilità importante

In ogni caso, ha ribadito Daniel Koch, delegato Covid-19 dell'UFSP, l'app rimane un complemento alla tradizionale «tracciabilità» dei casi di infezione, un lavoro ora possibile nei Cantoni grazie all'evoluzione positiva dell'infezione, in continua discesa.

Ciò che ora è importante, ha aggiunto Koch, è che chiunque manifesti sintomi influenzali si faccia testare e sia in grado di dire dove è stato e chi ha incontrato.

Si deve far meglio

Da questo punto di vista, Koch ha dichiarato che vi sono ancora progressi da fare. Lo specialista ha fatto l'esempio dell'importanza di fornire i dati personali quando si frequentano i ristoranti. Se un collaboratore dovesse risultare positivo al virus, sarebbe chiaramente più semplice ricostruire la catena dei contatti e avvisare le persone interessate.

Circa la possibilità ventilata ieri dallo stesso Koch alla SRF di un ritorno degli spettatori negli stadi di calcio da luglio, il delegato Covid-19 ha precisato che una simile eventualità sarebbe possibile solo se si potrà ricostruire le catene di contatto. Un conto è mettere in quarantena 10-20 persone, un altro 10 mila, ciò che sarebbe impossibile.

In ogni caso, Koch si è detto preoccupato per quanto accaduto a Ginevra e Losanna durante partite di calcio illegali che hanno attirato centinaia di spettatori. Qui la possibilità di effettuare un tracciamento è praticamente impossibile.

Nonni e nipoti, previsti allentamenti

Grazie alla costante diminuzione dei casi di Covid-19, è possibile anche che presto i nonni possano tornare ad occuparsi dei nipotini, ha dichiarato Koch rispondendo a un quesito in tal senso.

Le raccomandazioni in tal senso verranno adeguate nei prossimi giorni o settimane.

Vaccino, troppo presto fare piani

Per quanto attiene a un futuro vaccino contro il Covid-19, Koch ha sostenuto che al momento è troppo presto per fare piani sul numero di dosi e sulla sua utilizzazione, come sostenuto da alcuni media domenicali.

Ci siamo mossi in vista della firma di contratti di prenotazione, ma su come e in che quantità molto dipenderà dall'evoluzione della malattia. Normalmente, ha spiegato Koch, il personale sanitario è il primo ad essere immunizzato. Tenendo conto di quanto accaduto finora e delle esperienze fatte, non penso che i primi ad essere vaccinati sarebbero i bambini, vista la scarsa incidenza del virus su questa categoria di persone, ha aggiunto.

Ancora mille soldati mobilitati

Per quanto riguarda i soldati mobilitati a sostegno alle autorità civili per fronteggiare la pandemia, il brigadiere Raynald Droz ha spiegato che, in ambito sanitario, sono in servizio ancora un centinaio di soldati, per lo più in servizio lungo o volontari, impiegati in particolare al servizio della Segreteria di stato della migrazione e del Canton Zurigo. Entro la fine di questa settimana, queste persone verranno mandate a casa.

Altri 650 soldati danno invece man forte alla guardie di confine, specie nel Canton Ginevra, e si occupano della protezione delle ambasciate, sempre a Ginevra e nel canton Vaud. Il servizio di queste persone potrebbe essere prolungato fino alla fine di giugno.

Globalmente, sono ancora mille i militi in servizio, ha sottolineato Droz, aggiungendo che il mese prossimo tutti i comandanti che hanno avuto a che fare con l'emergenza si ritroveranno per stilare un bilancio di questa esperienza e trarre nozioni utili qualora situazioni simili dovessero ripresentarsi in futuro.

Droz ha poi affermato che gli insegnamenti raccolti durante la crisi dovrebbero rendere meno problematico l'inizio della scuola reclute estiva previsto per il 29 di giugno. Per l'alto ufficiale non si tratta solo di un dovere, ma anche di un diritto per le future reclute, visto che molti giovani hanno pianificato magari già da un anno l'inizio della formazione in grigioverde tenendo conto degli obblighi lavorativi o di studio.

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