Sono passati 20 anni dal 14 ottobre 2000, quando il villaggio alto-vallesano di Gondo fu devastato da un'alluvione. Tredici persone persero la vita e una decina di case furono trasportate via dalla frana che spezzò in due il comune sulla strada del Sempione.
Tra l'11 e il 15 ottobre del 2000, circa 800 millimetri di pioggia si abbattono sulla regione. L'Alto Vallese, in stato di massima allerta, registra smottamenti ed esondazioni di torrenti in diverse località. "I vigili del fuoco erano sul piede di guerra", racconta all'agenzia Keystone-ATS Roland Squaratti, sindaco del comune di Zwischenbergen, di cui Gondo fa parte.
Poco sopra il villaggio, dietro un muro di cemento armato si accumulano circa 10.000 metri cubi di sedimenti e detriti. La parete, lunga circa 15 metri e alta 6, costituita da sei blocchi incastrati l'uno nell'altro, ha lo scopo di proteggere la strada nazionale dalle cadute di pietre dell'imponente falesia che sovrasta il paese.
La pressione della colata di detriti aumenta e il 14 ottobre tre blocchi - di 600 metri cubi ciascuno - iniziano a cedere. Il primo rimane a monte del paese, il secondo si schianta contro la torre Stockalper, mentre il terzo percorre il pendio a oltre 60 km/h e attraversa l'intero villaggio fino ad arrivare al torrente Diveria, che è ormai in piena. Sono le 10.30 del mattino e Gondo è devastato.
Il comune è ormai inaccessibile: la strada del Sempione è chiusa dal passo in direzione dell'Italia, gli elicotteri sono bloccati a terra dalle intemperie e le linee telefoniche sono in parte interrotte. La stazione ferroviaria italiana di Iselle - a pochi chilometri da Gondo - è allagata e viene interrotto anche il traffico ferroviario.
Un centinaio gli abitanti presenti
Il 14 ottobre guide, cani da ricerca, vigili del fuoco e medici riescono a raggiungere Gondo poco dopo mezzogiorno. Dei 161 abitanti del villaggio, circa un centinaio si trovavano sul posto al momento della catastrofe. Una quarantina di essi, rifugiatisi nei locali della protezione civile, sono bloccati dalla colata di terra e sassi, ma vengono liberati tutti già nel primo pomeriggio.
I soccorritori cercano di liberare i sopravvissuti, ma nei giorni successivi alla tragedia vengono recuperati undici corpi. Due altri abitanti, invece, non vengono più ritrovati.
I blocchi di cementi all'origine del disastro
«Senza i blocchi di cemento, il bilancio non sarebbe stato così pesante. Se la frana fosse stata composta di materiali più leggeri e mobili, non ci sarebbero state vittime e ci sarebbero stati meno danni materiali», indica a Keystone-ATS Jean-Daniel Rouiller, geologo cantonale dell'epoca dei fatti.
Da allora, la parete di protezione contro la caduta di pietre - finanziata dalla Confederazione - è stata rafforzata. Inoltre, è stato scavato un canale che permette di evacuare le acque in caso di maltempo ed evitare che cada sulla parete rocciosa.
Per la ricostruzione del villaggio, la colletta della Catena della Solidarietà raccolse 14,5 milioni di franchi. Mercoledì prossimo si terrà una funzione commemorativa, come avviene ogni anno dal 2001.
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